URBAN DISRUPTION

URBAN DISRUPTION

URBAN DISRUPTION

Quattro lezioni di Josep Acebillo

di Alessandra Romiti

Architetto, Dipartimento di Architettura, Roma Tre

 

Dall’ 11 al 15 Gennaio 2016 si è tenuto a Roma, presso la sede del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre, un seminario condotto da Josep Acebillo, Professore all’Accademia di Architettura di Mendrisio e partner principale dello studio Architectural System Office.

Acebillo è stato per oltre un ventennio direttore dell’Istituto per lo sviluppo urbano di Barcellona, alla guida dei principali progetti infrastrutturali in occasione dei Giochi della XXV Olimpiade. Negli anni successivi ha continuato ad occuparsi della trasformazione della sua città, la quale ha ricevuto premi internazionali per la posizione conquistata in campo architettonico. In seguito a questi riconoscimenti, Josep Acebillo è oggi frequentemente chiamato alla valutazione di grandi aree metropolitane per guidarle nella loro futura rigenerazione.

Le sue lezioni hanno voluto indurre una riflessione sulla necessità di una innovativa lettura della complessità urbana, fornendo risposte a partire dagli strumenti cognitivi che permettano la sua descrizione. La cultura territoriale post industriale vive oggi un conflitto con la configurazione della città alla quale la tradizione ci ha abituati, conflitto tale da promuovere la ricerca di modelli organizzativi differenti.

Dunque, in virtù di una metamorfosi radicale, solo una strategia distruttiva che scardini i vecchi sistemi e crei nuove esigenze può realmente garantire un miglioramento delle condizioni di vita attuali attraverso l’elaborazione di pattern più efficienti.

La sfida della società contemporanea e della scienza, e quindi dell’urbanistica e dell’architettura, ha inizio pertanto con la comprensione delle relazioni che intercorrono fra l’uomo e l’ambiente e con l’analisi dei fattori che hanno determinato questo mutamento: la new economy, la globalizzazione ma soprattutto la tecnologia.

È appunto il progresso tecnologico che ha agito da protagonista nella crescita e nell’evoluzione della città, implicando una continua metamorfosi dell’idea di spazio.

Infatti, la graduale riduzione del tempo impiegato per percorrere le distanze tra luoghi, ha scardinato la stessa percezione della geografia con effetti così rilevanti da modificare la matrice infrastrutturale del territorio, comportando un enorme cambiamento della sua capacità funzionale e aumentando le sue potenzialità.

Quindi oggi, un corretto approccio metodologico nell’elaborazione di un intervento, sia esso puntuale o su ampia scala, deve essere pianificato in tre fasi, di cui l’ordine sequenziale non è commutabile: secondo Acebillo queste coincidono con la definizione di un sistema, il disegno di un’infrastruttura ed infine il progetto di un’architettura.

Il primo stadio prevede la determinazione ideale e funzionale dell’intero processo.

La città, soggetta ad un interscambio continuo di massa, energia e informazione con l’ambiente circostante, vive in un perenne stato di instabilità, la quale produce trasformazioni urbane in serie. Pertanto, la persistenza del sistema creato è assicurata solo se questo è governato da flessibilità e reversibilità e se è in grado di adattarsi, evolversi ed essere reinterpretato ininterrottamente. Solo in questo modo le innovazioni non saranno respinte e potranno sovrapporsi al sistema originale.

Le idee che governano ciascuno di quegli organismi saranno poi concretizzate nel progetto dell’infrastruttura, che trova la sua ragion d’essere nella sequenza di elementi architettonici connessi fra loro attraverso di essa.

Possono esistere dei programmi complementari, non necessariamente combinati con quello principale, ma di grande valore al livello locale, al servizio di una piccola fascia di territorio.

Questa promiscuità funzionale rappresenta uno strumento utile per assicurare ad un progetto su grande scala un carattere glocal, non diminuendo affatto né la qualità né le prestazioni della grande infrastruttura.

Dunque, sia la sua fattibilità che il suo successo dipendono dai singoli interventi architettonici che conferiscono significato a quei flussi, garantiti solo dall’efficienza e dall’affidabilità cognitiva del sistema complessivo.

Infatti, per comprendere la migliore localizzazione dei nuovi luoghi della progettazione architettonica, l’urbanista dovrebbe cominciare le sue analisi proprio dallo studio dei flussi dei potenziali fruitori, individuando gli spazi di risulta attorno alle centralità che coincideranno sicuramente con le hub infrastrutturali.

Una concettualizzazione olistica dell’organismo-città, una serie di azioni frammentarie che abbiano un valore in autonomia quanto nel loro complesso, e la creazione di cluster periferici, potrebbero rappresentare, per Acebillo, le basi per la definizione di efficaci modelli metropolitani.

Per raggiungere tale obiettivo però, è essenziale condurre politiche urbane mirate alla rigenerazione, intesa non solo come recupero ma anche come innovazione. Occorrerebbe quindi riorganizzare il governo del territorio pensando alla creazione di un equilibrio di competenze in grado di promuovere la categoria della City Region e reinterpretare continuamente il rapporto tra collettività e spazio pubblico, poiché la sua capacità di evoluzione sarà sempre più veloce della capacità della mente umana di prevederla.