Architettura rurale
Architettura rurale negli sfondi di due maestri del Rinascimento veneto
Dottore di ricerca in Storia e conservazione dell’oggetto d’arte e d’architettura, Università Roma Tre
Nelle opere dei più grandi artisti rinascimentali appaiono spesso in posizione defilata edifici rurali, che, in assenza di fonti documentali, descrittive delle loro forme e tecniche costruttive, risultano essere molto utili per lo studio dell’edilizia storica. In particolare tali paesaggi forniscono materiale per lo studio di edifici che non hanno retto all’usura del tempo. Ritengo significativo esaminare due dipinti: uno di Jacopo Bassano [1] ed uno di Giorgione [2].
Jacopo Bassano, anche noto come Jacopo dal Ponte o da Ponte, deve il suo nome al luogo in cui nacque e lavorò. La sua casa natale è stata identificata in un’abitazione presso il ponte Vecchio[3], noto anche come Ponte di Bassano. Bassano, e il paesaggio in cui è inserita, compaiono spesso negli sfondi di Jacopo. Il monte Grappa, per lunghi mesi innevato, il Brenta con le sue anse e la campagna da cui emerge la città, cinta da mura e torri di fortificazione, sono ritratti con gran precisione in diverse opere [4], tra cui la Santissima Trinità [5]. Qui l’angolazione è sempre la stessa e può essere ancora individuata in una zona nei pressi dell’ansa del Brenta in vicinanza del Ponte Nuovo a sud del centro storico di Bassano [6].
Figura. 1
Nei fondali di Jacopo vi è anche un’accurata raffigurazione dei manufatti rurali. Mentre la città appare in lontananza, appaiono in posizione privilegiata le povere case dei contadini, gli edifici rustici e le ‘chioàre’[7]. Nella Santissima Trinità (Fig.1) al di sotto della visione celeste viene rappresentata la realtà terrena: la città, riconoscibile grazie alla cinta muraria, il monte, il corso del Brenta, costituiscono il paesaggio nel quale sono raffigurate scene di vita quotidiana. Data l’accuratezza nella resa del paesaggio è verosimile che con pari attenzione e rigore siano state rappresentate le abitazioni, specie i ‘casoni’ in primo piano: piccole costruzioni ad uso residenziale o rustico, rimaste in pochi casi sino ai giorni nostri.
È interessante notare come i due gruppi architettonici, posti a destra e sinistra della croce, vengano ripresi in modo pressoché identico nelle opere sopracitate. Evidentemente si tratta di modelli di paesaggi facenti parte di un corpo di disegni dell’artista [8]. Data l’accuratezza dei dettagli e la corrispondenza con manufatti documentati ai primi del ‘900, si può ritenere che si tratti di edifici ritratti dal vero.
Figura. 2
I casoni più antichi, così come raffigurati da Jacopo Bassano, erano realizzati con elementi costruttivi poveri e facilmente reperibili sul posto: tronchi e rami d’albero lavorati ad ascia, tavole di legno, paglia e pietrame. Troviamo qui conferma che i casoni studiati nel ‘900 [9] erano pressoché identici a quelli cinquecenteschi. Infatti, possiamo constatare che le pareti erano costruite con canne palustri sigillate con fango, sorrette da intelaiature di legno e intonacate a calce [10]. Solo nel XIX secolo le pareti dei casoni furono sostitute da mattoni di argilla cruda o cotta. Alcuni sostegni puntuali potevano essere anche realizzati in pietrame. I pavimenti erano in terra battuta e solo più tardi vennero rivestiti con mattoni sottili: ‘tavele’. Infine il tetto costituiva l’aspetto più caratteristico. Esso era costruito con una struttura in travi di legno e rami lavorati ad ascia, mentre il manto di copertura veniva realizzato con canne palustri, o fasci di paglia di cereali, come il frumento, l’orzo, o l’avena. La forma poteva essere a padiglione, o a capanna, con le falde molto spioventi e i timpani solo raramente chiusi da un tavolato.
Figura. 3
La facciata principale era di norma esposta a sud per offrire protezione dalla pioggia e dal vento di tramontana, o di bora, e con lo stesso criterio il camino, quando fu introdotto, venne posizionato sottovento. Le finestre, poche e di dimensioni ridotte, limitavano la dispersione termica d’inverno e l’eccessivo riscaldamento degli ambienti d’estate. Il focolare in origine si trovava al centro della costruzione, senza alcuna condotta per l’evacuazione del fumo, che usciva attraverso le fessure, le porte e le finestre aperte, o si perdeva tra le canne del tetto, depositando sulle superfici sottili strati di fuliggine, che miglioravano l’impermeabilità e la resistenza dei vegetali, resi così meno aggredibili da insetti e meno permeabili alla condensa del vapore acqueo.
Figura. 4
Una caratteristica molto interessante, presente nei casoni ritratti da Jacopo Bassano e in alcune fotografie di casoni dei primi del ‘900 (Fig.2-3-4), è la presenza di un rudimentale portico, dato da una rientranza della parete sul lato d’ingresso e con sostegni di colonne lignee, che veniva a trovarsi sulla facciata principale esposta a sud ed assolveva le medesime funzioni dei portici e loggiati delle case in muratura. Il casone con portico può essere considerato, pertanto, la struttura da cui si origina la casa con portico, presente dalla costa sino alla Pedemontana.
Figura. 5
Un’indagine simile si può condurre anche per lo studio delle case ritratte sullo sfondo della Venere dormiente [11] di Giorgione (Fig.5). Com’è noto parte del quadro è attribuita a Tiziano Vecellio [12], che sembrerebbe aver apportato sia modifiche ai drappi su cui è adagiata la dea, che integrazioni al paesaggio sullo sfondo [13]. Come Jacopo Bassano, anche Tiziano sembra avere un repertorio di immagini di riferimento da inserire nei suoi paesaggi rurali. Il gruppo di case in questione, infatti, appare anche nel Cupido di Vienna [14], nel Noli me tingere [15] e, specchiato in Amor sacro e amor profano [16]. In queste opere sullo sfondo vengono rappresentate scene di vita campestre, manufatti rurali, e il tipico paesaggio del Cadore. Ciò che interessa è la raffigurazione precisa e dettagliata dei fabbricati rurali che compongono il blocco pittorico in esame. Si tratta di un gruppo di rustici tra cui spicca in primo piano un edificio che presenta la struttura del casone, ma con il tetto molto più ampio rispetto a quelli dipinti da Jacopo Bassano. Si può ritenere che si tratti di un primo sviluppo del casone: le dimensioni del manufatto sono maggiori rispetto ai casoni sopradescritti e la costruzione dell’ampia struttura del tetto doveva comportare l’utilizzo di una manodopera specializzata. Nell’architettura rurale qui dipinta da Tiziano (Fig.6), evidentemente le strutture murarie dovevano essere state rinforzate per sorreggere un peso maggiore. Probabilmente le canne palustri sigillate con fango restano in uso solo per le partizioni interne, mentre le parti strutturali vengono realizzate con adeguati tronchi sovrapposti a blockbau [17], o messi in opera in intelaiature, o ancora poteva esserci una maggior presenza di elementi lapidei.
Figura. 6
Osservando la rappresentazione delle costruzioni dello sfondo è utile sottolineare come vi sia una continuità di stili e di forme negli edifici, che perdura fino al XIX secolo in alcune regioni alpine. Ormai molti di questi edifici sono distrutti dall’uso e dal tempo. Rimangono tuttavia alcuni esempi nelle zone più appartate del Friuli.
Figura. 7
Le uniche grandi strutture di copertura completamente in legno, ancor oggi costruite in area friulana, sono quelle della Valcanale [18] (Fig.7). Esse erano realizzate completamente ad incastro senza l’aggiunta di elementi metallici come staffe o chiodi. Sopra le testate dei muri erano appoggiati tronchi legati a blockbau e la struttura portante del tetto era data da travi inclinate incastrate alla base nei tronchi orizzontali, sporgenti a formare la ‘linda’ [19], e incastrate al vertice sopra la trave di colmo. A sostegno di questo sistema vi sono telai con trave e due puntoni in corrispondenza delle travi inclinate. I tamponamenti dei due timpani sono in assi di legno e il manto di copertura in tavoloni di larice. Un sistema simile si riscontra anche nei basta [20] delle Valli del Natisone, dove le pareti sono in tavole connesse agli angoli con sistema blockbau e il manto di copertura in paglia (Fig.8).
Le coperture del tetto mediante vegetali erano molto diffuse e strettamente legate alle colture cerealicole, che permettevano l’utilizzo della paglia. Questa veniva collocata sulle falde in fascetti, strettamente connessi. La pendenza doveva necessariamente essere notevole, fino a 70°, per evitare infiltrazioni d’acqua. Si formava così un ampio sottotetto, che poteva essere diviso in due livelli, utile come deposito o granaio. Queste coperture rimasero in uso in modo consistente sino agli anni ‘50 del Novecento [21], in area Slovena [22], in modo sporadico nel Padovano, nella laguna di Grado e Marano e nella valle mediana del Sarca [23].
Figura. 8
Nel resto della regione si passò dalle coperture in paglia ai laterizi a partire dal XVI sec., quando ordinanze della Repubblica di Venezia[24] lo imposero per proteggere gli edifici dai frequenti incendi. Questa transizione nelle campagne e nelle zone montane di più difficile penetrazione avvenne più tardi. Oltre al pericolo del fuoco, la scomparsa nelle zone alpine delle coperture in paglia è strettamente legata all’introduzione della coltura del mais (1540-1600) [25], che andò a sostituirsi a quella del frumento e del miglio. Particolare è il caso della Valtellina [26], dove il passaggio dalla paglia al laterizio fu graduale e non uniforme. Nella zona di Cimolais la paglia fu sostituita da scandole, mentre ad Erto e Casso fu rimpiazzata dalla pietra, a Barcis, invece, grazie all’esistenza di un giacimento d’argilla, il passaggio al laterizio fu più diretto e precoce.
Figura. 9
Figura. 10
Ad Erto e Casso, più che altrove, possono ancora essere lette le tracce del passaggio dalla copertura in paglia a quella in pietra. Vi sono dei casi in cui si nota sulle murature il segno delle falde di un precedente tetto molto più inclinato (Fig.9). Riporto il caso di un edificio a Casso (Fig.10), che presenta un manto di copertura in pietra e sul muro il segno del precedente tetto in paglia. La data, 1841, incisa in corrispondenza del vertice del tetto, indica il momento in cui è stata rifatta la copertura. È interessante notare anche la differenza di tessitura muraria tra la preesistenza e l’aggiunta, che fu eseguita per ridurre la pendenza. Quest’ultima, infatti, è realizzata con pietre più sottili, tagliate meglio e apparecchiate a corsi regolari, mentre la muratura più antica è formata da blocchi e massi di pietra di varia dimensione, con uso abbondante di legante.
Questi edifici rustici, precari e destinati al rinnovamento periodico, non sono descritti nei catasti [27] né nei trattati. La pittura, pertanto, costituisce una fonte diretta di notizie storiche su queste architetture. Infatti ci consente di individuare un metodo di analisi, che rende possibile lo studio di quei fabbricati da cui si originano le case rurali odierne.
Bibliografia
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Baldacci, O 1952 Saggio di carta della distribuzione di alcuni tipi di tetti nell’Italia nord-orientale, in “Bollettino della Società Geografica Italiana”, serie VIII, vol. V, anno LXXXVI e vol. LXXXIX, Società Geografica Italiana, Firenze pp.95-117
Brunoro, R 1987, I casoni a San Giorgio in bosco, Biblioteca comunale di San Giorgio in Bosco
Candida, L 1959, La casa rurale nella pianura e nella collina veneta, Olschki, Firenze
Dal Pozzolo, EM 2009, Giorgione, Federico Motta Editore, Milano
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Lorenzi, A 1914, Studi sui tipi antropogeografici della pianura padana, in “Rivista Geografica italiana e bollettino della società di studi geografici e coloniali”, XXI, IX, Firenze
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Rigon, F 1983, Gli animali di Jacopo Bassano, GB Verci Editore, Bassano
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Il Casone Veneto – ultimi esempi in Saccisica, MagicoVeneto, consultato a luglio 2016, http://www.magicoveneto.it/Padovano/Saccisica/Casoni-della-Saccisica-Piove-di-Sacco-Arzergrande.htm
Casone (architettura), Wikiwand, consultato a luglio 2016, http://www.wikiwand.com/it/Casone_(architettura)
Note
[1] Bassano del Grappa 1515 – 1592
[2] Castelfranco Veneto, 1478 circa – Venezia, 1510
[3] Rigon 1983
[4] Fuga in Egitto, 1544-1545 circa, olio su tela, 123 × 196 cm, Norton Simon Museum, Pasadena; Due cani, 1548-1549, olio su tela, 61 × 80 cm, Musée du Louvre, Parigi; Parabola del seminatore, 1566-68, olio su tela, 518 × 603 cm, Galleria degli Uffizi, Firenze; Cena in Emmaus, 1538 circa, olio su tela, 235 × 250 cm, chiesa parrocchiale, Cittadella.
[5] Jacopo da Ponte, Pala d’altare, 1546-47, chiesa della Santissima Trinità, Angarano, Bassano del Grappa.
[6] Rigon 1983, ipotizza che in quest’area sorgesse lo studio del pittore, che doveva trovarsi «… in una zona a sud di Bassano compresa tra il convento di San Fortunato e il quartiere del Lazzaretto».
[7] Opifici per la lavorazione dei panni di lana: Rigon 1983, p.92
[8] Ballarin 1969
[9] Zatta 2005; Degrassi 2011; Penzi 1999; Candida 1959; Scarin 1943.
[10] L.B. Alberti scrive delle murature costruite dalla “plebe romana” «… tali costruzioni si attuano con graticci e stuoie di canne non fresche. … I graticci vengono riempiti di fango rivoltato per tre giorni con la paglia; poi vengono rivestiti … con calcina oppure gesso».
[11] Giorgione, La venere dormiente, 1508-1510, olio su tela 175 x 108 cm, Gemäldegalerie, Dresda.
[12] Pieve di Cadore 1488-90 – Venezia 1576
[13] Dal Pozzolo 2009; Zuffi 2007; Fregolent 2006; Frapiccini & Giustozzi, 2005.
[14] Tiziano Vecellio, Cupido, 1510-1515, dipinto su tela 76 x 74 cm, Gemäldegalerie der Akademie der Bildenden Künste, Vienna.
[15] Tiziano Vecellio, Noli me tangere, 1511, olio su tela 109 x 91 cm, National Gallery, Londra
[16] Tiziano Vecellio, Amor sacro e amor profano, 1515, olio su tela 118 × 279 cm, Galleria Borghese, Roma.
[17] Tecnica costruttiva in legno tipica dei paesi di cultura tedesca.
[18] Collocata nell’estremo lembo nord orientale del Friuli, è da sempre stata una zona periferica e di frontiera, tuttavia si tratta di una valle di passaggio, perché attraversata da un’importante arteria, che da millenni collega l’Italia alla regione danubiana.
[19] Termine architettonico regionale, che indica la parte del tetto sporgente rispetto alle pareti di un edificio: lo sporto di gronda.
[20] Edifici rurali tipici delle Valli del Natisone, che costituiscono un tipo arcaico. Sono realizzati con basamento in pietra, spesso su terreni in pendenza, pareti in legno e copertura a due falde molto spioventi con manto in paglia.
[21] Baldacci 1952, pp.95-117.
[22] Nel bacini dell’Idria (principale affluente dell’Isonzo, bagna i comuni di Idria, Chirchina e Tolmino) e del Piuca (fiume carsico che nasce nel comune di San Pietro del Carso e dopo 26km entra nelle grotte di Postumia).
[23] Valle collocata in Trentino, sopra Riva del Garda a est di Trento.
[24] Baldacci 1952, pp.96.
[25] Baldacci 1952, p. 102.
[26] Valle del torrente Cellina, che comprende, benché non si trovino nella sede morfologica del Cellina, ma sulle sponde della Val Vajont, anche il comune di Erto e Casso.
[27] I catasti storici riportano solo l’ingombro al suolo dell’edificio e la sua classificazione.
Didascalie Immagini
[Immagine Copertina]: Jacopo da Ponte, Pala d’altare, 1546-47, chiesa della Santissima Trinità, Angarano, Bassano del Grappa.
Figura 1: Jacopo da Ponte, Pala d’altare, 1546-47, chiesa della Santissima Trinità, Angarano, Bassano del Grappa, dettaglio
Figura 2: casone, Curtarolo, (Pd) www.wikiwand.com
Figura 3: progetto di casone a S. Giorgio in bosco (Pd) del 1839, da Brunoro, R 1987
Figura 4: casa rurale, Campoformido (Ud), 1909. Foto Lorenzi, da Scarin 1943
Figura 5: Giorgione, La venere dormiente, 1508-1510, olio su tela 175 x 108 cm, Gemäldegalerie, Dresda
Figura 6: Giorgione, La venere dormiente, 1508-1510, olio su tela 175 x 108 cm, Gemäldegalerie, Dresda, dettaglio
Figura 7: Stalla – fienile, Val Bartolo, Camporosso (Ud), Archivio museo di palazzo Veneziano, Malborghetto
Figura 8: kasta, Savogna (Ud), Pascolo E 1993, Case della Slavia friulana, Società filologica friulana, Udine
Figura 9: Casa, Erto (Pn), foto autore 2012
Figura 10: Casa, Casso (Pn), foto autore 2012