Cooperazione nel Mediterraneo
Webinar “Science-Policy-Society interactions in ecosystem-based marine resources management and planning”
Dottoranda, Dipartimento di Architettura, Università Roma Tre
Il webinar, organizzato dalla Mediterranean Biodiversity Protection Community (MBPC) e BlueMed Coordination and Support Action in collaborazione con Intergovernmental Oceanographic Commission of UNESCO (IOC-UNESCO) e Marine Spatial Planning Global, si è configurato come un modulo informativo e introduttivo del corso “Science-Policy-Society interactions in ecosystem-based marine resources management and planning”, rivolto a ricercatori e professionisti che svolgono la loro attività in ambiente marino, che si terrà a Venezia dall’1 al 4 marzo 2021, presso la sede del CNR-ISMAR.
Il corso ricade all’interno del progetto Interreg MED “Biodiversity Protection Community” che costituisce la prosecuzione, fino al 2022, del progetto PANACeA, implementato dal 2016 al 2019, per dare continuità alle attività e ai risultati condotti sul tema della conservazione, gestione e partecipazione all’interno delle aree marine protette nel Mediterraneo.
Interreg MED è un programma che ha l’obiettivo di promuovere una crescita sostenibile nell’area del Mediterraneo favorendo iniziative e pratiche innovative e un uso responsabile e delle risorse per rafforzare l’integrazione sociale attraverso una cooperazione integrata su base territoriale e rafforzarne le azioni future. Per il settennio 2014-2020, l’intero Programma ha coinvolto 13 Paesi per l’area mediterranea, di cui 10 Stati UE e 3 Paesi candidati (Albania, Bosnia-Erzegovina e Montenegro). Per l’UE si tratta dell’intero territorio di Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Slovenia, di 5 regioni della Francia (Corsica, Languedoc-Roussillon, Provence-Alpes-Côte d’Azur, Rhône-Alpes, Midi Pyrénées), 3 regioni del Portogallo (Algarve, Alentejo, Regione di Lisbona) 7 regioni della Spagna (Andalusia, Aragona, Catalogna, Isole Baleari, Murcia, Valencia, Ceuta e Melilla), e Gibilterra per il Regno Unito. Per l’Italia sono ammissibili tutte le regioni eccetto il Trentino Alto Adige.
Il programma presenta 4 assi prioritari e 7 obiettivi specifici (OS) di intervento che fanno capo a 6 priorità d’investimento (PI):
- Asse 1. Promuovere le capacità di innovazione delle regioni coinvolte nel programma per una crescita intelligente e sostenibile;
- Asse 2. Favorire le strategie a basse emissione di carbonio e l’efficacia energetica in specifici territori del programma: città, isole e aree rurali;
- Asse 3. Proteggere e promuovere le risorse naturali e culturali del Mediterraneo;
- Asse 4. Rafforzare la governance mediterranea.
Interreg MED può contrare su un finanziamento complessivo di 265 milioni di euro di cui 224 milioni messi a disposizione dal Fondo di Sviluppo Regionale Europeo (FESR) e 9 milioni messi a disposizione dallo Strumento di Preadesione (IPA) per la partecipazione di Albania, Bosnia-Erzegovina e Serbia.
Il progetto Interreg MED Biodiversity Protection Community (BPC), si inserisce nell’Asse prioritario 3 di Interreg MED e si articola in tre temi principali:
– WP1, Protezione della biodiversità e sfide transfrontaliere;
– WP2, Uso sostenibile delle risorse naturali;
– WP3, Monitoraggio e gestione integrata degli ecosistemi.
Il progetto BPC è coordinato dallo European Topic Centre dell’Università di Malaga, ETC-UMA (Spagna) con Plan Bleu dell’UNEP/MAP (Francia), Conferenza delle Regioni Marittime Periferiche d’Europa (Francia), Segretariato Generale MedCities (Spagna), Latte Creative (Italia), Ministero dello Sviluppo Sostenibile e del Turismo del Montenegro e Istituto Marino (Croazia).
Il webinar, tenuto su piattaforma virtuale, si è aperto con un intervento di Peter Mackelworth dell’Istituto Marino croato che si è richiamato a un passaggio cruciale nel lavoro dell’ecologo statunitense Aldo Leopold, ispiratore della moderna biologia della conservazione, per sottolineare le sfide che attendono la trascrizione delle scienze sociali e biologiche in politiche coerenti: «One of the anomalies of modern ecology is the creation of two groups, each of which seems barely aware of the existence of the other. The one studies the human community, almost as if it were a separate entity, and calls its findings sociology, economics and history. The other studies the plant and animal community and comfortably relegates the hodge-podge of politics to the liberal arts. The inevitable fusion of these two lines of thought will, perhaps, constitute the outstanding advance of this century».
Sono seguite tre sessioni e un dibattito tra relatori, futuri corsisti e i partecipanti.
La prima sessione, condotta da Dania Abdul Malak (ETC-UMA, Malaga), si è strutturata intorno al concetto di Ecosystem-based management. Dopo una prima ricognizione concettuale e terminologica sui concetti di biodiversità e servizi ecosistemici e il richiamo al recentissimo “The Global Biodiversity Outlook 5, che sollecita a proteggere la natura e gli ecosistemi per produrre benefici economici e per il benessere umano, è stato presentato l’Ecosystem-based management (EBM) come approccio integrato che riconosce tutte le interazioni all’interno di un ecosistema, inclusi gli esseri umani, e tra ecosistemi.
Se i sistemi di gestione attualmente in uso considerano le singole specie, le singole attività umane, la separatezza tra settori, l’EBM tiene in considerazione più specie, gli esseri umani e le loro attività come parte integrante dell’ecosistema in un sistema adattivo e di condivisione. Questo approccio, che tiene insieme uomo e natura, garantisce la resilienza socio-ecologica affinché le incertezze future siano affrontate in maniera integrata, mentre il conflitto presente tra gli utenti possa essere ridotto, consentendo così un bilanciamento tra i bisogni immediati e quelli a lungo termine.
Infine, è stata presentata la Mediterranean Biodiversity Protection Community (MBPC), una rete che oggi conta più di 200 istituzioni impegnate in 16 progetti Interreg MED che si occupano di protezione della biodiversità nel Mediterraneo a vari livelli e sono impegnati nella promozione del dialogo tra settori disciplinari e scientifici diversi, istituzioni pubbliche, policy makers e comunità in ambiti marini e costieri.
Nella seconda sessione “Knowledge-based Maritime Spatial Planning for Sustainable blue growth”, curata da Alejandro Iglesias-Campos (IOC-UNESCO) e Andrea Barbanti (CNR), è stata fornita una introduzione sulla Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM), definita dall’UNESCO nel 2006 come «il processo pubblico di analisi e pianificazione spaziale e temporale delle attività umane per raggiungere obiettivi specifici ecologici, economici e sociali». La Pianificazione dello Spazio Marittimo deve essere integrata e multi obiettivo, strategica e orientata al futuro, adattiva, partecipativa e place-based. Nel 2005, a livello globale soltanto 9 Stati avevano avviato iniziative di questo tipo (di cui 5 avevano approvato i loro piani), e solamente lo 0,3% delle zone economiche esclusive1 era coperto da pianificazione. Nel 2009, l’UNESCO ha diramato linee guida che hanno innalzato la consapevolezza sulla necessità di implementare la Pianificazione dello Spazio Marittimo, e nel 2017 ha lanciato la “Joint Roadmap to accelerate Maritime/Marine Spatial Planning processes worldwide” con l’obiettivo di promuovere approcci ecosistemici a scala globale e regionale, attraverso linee guida accettate a livello internazionale, sulla pianificazione dello spazio marino e l’economia blu sostenibile.
Una efficace pianificazione dello Spazio Marino rappresenta non soltanto una sfida “science-to policy-to society” per cui è richiesta una conoscenza interdisciplinare, iterativa, adattiva con cooperazione verticale ed orizzontale, ma è fissata anche come una delle priorità di BLUEMED, l’iniziativa di ricerca e innovazione per promuovere l’economia blu e la cooperazione nel bacino del Mediterraneo. Tuttavia, l’implementazione della PSM deve confrontarsi con alcune criticità come la insufficiente conoscenza dei fondali marini e la distribuzione e variabilità del rumore sottomarino. La PSM risulta essere particolarmente efficace anche in relazione alle Aree Marine Protette (AMP) in quanto capace di metterle a sistema, individuarne di ulteriori, amplificarne gli effetti positivi anche oltre i perimetri definiti e ridurne gli impatti negativi dovuti ad altri tipi di usi, in un quadro di coerenza.
I relatori dell’ultima sessione “Science for complex socio-ecological systems”, Jean-Baptiste Jouffray (Stockholm University) e Christopher Cvitanovic (Australian National University), hanno infine fornito il punto di vista di due giovani scienziati per lo sviluppo di conoscenze innovative.
Il primo ha concentrato l’intervento sui nuovi paradigmi ecologici che devono necessariamente introdurre i processi umani, economici, sociali e culturali all’interno dei tradizionali processi biologici, geologici e fisici, con un’ampia ricognizione sulla letteratura scientifica. Questo approccio di co-produzione della conoscenza permette di raccogliere consapevolezza e capacità di far fronte alle sfide odierne.
Il secondo ha correlato il nuovo sguardo sulle scienze con la necessità di costruire nuove figure capaci di lavorare a cavallo di discipline diverse, con sistemi di conoscenza diversi (conoscenza esperta, conoscenza culturale, conoscenza locale, ecc), in grado di facilitare i processi di scambio tra scienza e politiche e che possano supportare le pratiche basate sull’evidenza. I nuovi scienziati e le nuove scienze devono tuttavia interfacciarsi con alcune criticità legate a percorsi di studi che difficilmente educano alle soft-skills, ai tempi dilatati delle ricerche integrate e alle note difficoltà di convincere e raggiungere tutti i decisori politici. Tra i suggerimenti per le nuove generazioni di scienziati propensi ad applicare nuovi approcci figura l’incoraggiamento a imparare nuovi linguaggi, a potenziare nuove forme di expertise oltre il proprio campo di studi, a considerare i valori della complessità e dell’errore nell’economia dell’apprendimento.
Il webinar si è concluso con una sessione di domande e risposte tra i partecipanti e una breve discussione.
Il programma del webinar https://biodiversity-protection.interreg-med.eu/fileadmin/user_upload/Sites/Biodiversity_Protection/horizontal_project/News_events/MBPC-BlueMED-IOC_Training_Webinar_Agenda_17sept2020.pdf
Per rivedere il webinar https://www.facebook.com/BiodiversityProtectionCommunity/videos/2767735373505060/
Per maggiori informazioni sul progetto https://biodiversity-protection.interreg-med.eu/
Note
[1] Si definisce zona economica esclusiva la porzione di mare adiacente alle acque territoriali, che può estendersi fino a 200 miglia dalle linee di base dalle quali è misurata l’ampiezza del mare territoriale. Istituita dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, la zona economica esclusiva diviene effettiva a seguito della sua formale proclamazione da parte dello Stato costiero. Rispetto a essa, lo Stato costiero è titolare di diritti esclusivi di sovranità in materia di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse ittiche; ha inoltre giurisdizione in materia di installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture, nonché in materia di ricerca scientifica marina e protezione dell’ambiente, e può adottare leggi e regolamenti in molteplici settori.
Bibliografia
Secretariat of the Convention on Biological Diversity 2020 Global Biodiversity Outlook 5, Montreal https://www.cbd.int/gbo5
UNESCO 2017, Conference Conclusions: adoption of a joint roadmap. Joint Roadmap to accelerate Maritime/Marine Spatial Planning processes worldwide, Parigi http://www.unesco.org/new/fileadmin/MULTIMEDIA/HQ/SC/pdf/Joint_Roadmap_MSP_v5.pdf
Didascalie Immagini
Copertina: Salvatore De Bonis, Echinaster sepositus, Isola di Salina (ME), 2014
Fig. 1: Salvatore De Bonis, Pinna nobilis, Riserva Naturale di Vendicari (SR), 2013