La città domestica

La città domestica

Espansione del ruolo della domesticità nel contesto urbano contemporaneo. Nuove relazioni tra uomo e città

di Flavio Martella

Dottorando, dipartimento di Architettura e Urbanistica, Universidad Politecnica de Madrid

Lo spazio domestico si intende come un dominio, un campo o un territorio mentale che si estende oltre la concezione materiale, concreta, tettonica, spaziale e corporea allusiva al quantificabile. È una condizione multidimensionale che comprende nel suo insieme anche gli elementi architettonici attraverso una serie di condizioni che hanno a che fare con la percezione esistenziale domestica e intima dell’essere umano, vicina al dominio dello spazio come senso di protezione, tranquillità, di calma, di interiorizzazione, riposo, rinnovazione, recupero e piacere.

Lo spazio domestico rappresenta un ordine di oggetti architettonici differente dalla realtà fondamentale e vitale dello spirito; oggetti che delimitano un territorio che non è solo l’ambientale/fisico, ma anche quello carico di simbolismo materiale ed immateriale. I bisogni umani basici possono essere generalizzati in termini di bisogni fisiologici come mangiare o dormire, la necessità di sicurezza, amore ed appartenenza. Molti, se non tutti, di questi bisogni si sono riflessi, negli ultimi secoli, nell’architettura della residenza, una delle principali figlie ereditarie delle conquiste borghesi, industriali e moderne. Il prototipo di questo modello di casa garantiva la presenza di spazi per rilassarsi, sentirsi al sicuro, esporre il concetto di proprietà, costruire relazioni, esprimere l’identità personale ed incentivare la segregazione di genere; si configurava come il rifugio dalle ansie esterne, derivate dall’incertezza dell’avvenire e dalle necessità lavorative e produttive del contesto capitalista. Un luogo di ambiguità e paradossi (Rechavi 2009, p. 133-143).

Questa idea di spazio domestico è, però, oggi continuamente messa in crisi dai cambi nella struttura sociale e lavorativa contemporanea. La sua messa in discussione porta ad una ridefinizione dei limiti e delle funzioni dello spazio/casa, provocando espansioni e contrazioni, e ricercando l’identità non solamente nell’interiorizzazione dello spazio fisico, ma anche nella relazione col contesto urbano. La demarcazione tra la casa e ed il contesto si sta dissolvendo, includendo dentro la sua definizione anche molti altri ambiti sociali, pubblici e privati; non per ultima la sfera lavorativa.

Infatti, “l’avvento del lavoro immateriale dove la stessa vita è messa al lavoro, riporta lo spazio domestico ad essere l’epicentro della produzione” (Aureli 2015, p. 2). Viene cancellata la separazione tra lavoro e casa vanificando la sua costruzione di spazio/rifugio per le preoccupazioni esterne. “Questo diventa possibile non solo perché le nuove tecnologie rendono la produzione un meccanismo onnipresente, rendendo il posto di lavoro tradizionale non più rilevante, ma anche perché la produzione immateriale è basata su aspetti che fino ad ora erano confinati nel dominio del domestico (aspetti come la socialità, l’affettività e la premura)” (Aureli 2015, p. 2). Ciò sprigiona la produttività potenziale e latente dello spazio domestico, come anche la domesticità dello spazio lavorativo tradizionale. Sta quindi cambiando radicalmente la struttura urbana sulla quale si sono fondate le città nel corso degli ultimi secoli.

Anche le nuove tecnologie stanno giocando un ruolo importante nella ridefinizione della sfera domestica e della struttura della casa. La moltiplicazione dei media domestici sta comportando un’alterazione nel modo di interagire con questi, andando ad influire sulla struttura fisica dello spazio. Per godere dei nuovi media infatti non bisogna semplicemente esserne il proprietario ed usarli a piacimento, bensì comportano una continua interazione e conseguentemente molto tempo trascorso con loro. Per questo una soluzione comune è quella di trasformare la camera da letto in un soggiorno privato, cioè in un ambiente dove poter sviluppare la propria individualità, identità ed interessi (Livingstone 2007, p. 302-321). Con l’avvento delle comunità virtuali e di una relazione globale più ampia e su più livelli, l’esterno entra e permea la sfera domestica, cancellando il borghese significato di casa come rifugio dalle ansie sociali, come luogo prettamente privato. Il confine un tempo rigoroso tra esterno ed interno, adesso si affievolisce, provocando una percezione del domestico agli antipodi di quella passata. Infatti, uno studio condotto da IKEA dimostra come nel 2016 solo il 7% degli intervistati (250 famiglie) identificano un luogo specifico come casa. Invece il 37% crede che il concetto di casa si estenda al di fuori delle mura domestiche; il 38% identifica la casa con il quartiere, mentre il 18% la identifica con la città stessa. Questi dati esemplificano numericamente quindi la tendenza contemporanea di spostare sempre più attività, affetti e costumi, al di fuori dello spazio domestico tradizionale, fondendoli con la città. Anzi, la maggior parte delle nuove generazioni (i Millennials), secondo il precedente studio, si sente più a suo agio fuori dalle loro attuali residenze, anche svolgendo attività come guardare la TV, rilassarsi o dormire. La città deve assorbire quindi molte delle funzioni prima riservate specialmente all’architettura della casa.

Oggigiorno, l’idea di movimento, cambiamento e apertura diventa sempre più comune. L’immenso scambio di estranei che entrano e rientrano in quello che era prima del territorio locale autoctono, dà la possibilità di far emergere nuove idee su come abitare la città. L’abitante della città contemporanea vive nella condizione che Verschaffel (2012, p. 156) ha chiamato “a-topia”, dove automaticamente la persona diventa quel soggetto nomade che in ogni momento può ridefinire la propria posizione e svincolandosi dal concetto di appartenenza, migrando in una condizione di transito permanente. L’ idea di rimanere nel contesto urbano cambia da fissa e permanente a nomade e temporale. Questo cambiamento trasforma il concetto di interno domestico, che si estende oltre la vita all’interno della casa nel regno pubblico della città.

Man mano che le persone diventano più nomadi, il concetto del loro spazio domestico si discosta sempre di più da determinato luogo fisso. Questo evento evidenzia il significato del non luogo, lo spazio effimero e transitorio per la circolazione, il consumo e la comunicazione (Augé 1995, p. 34) come la nuova forma di hub domestico nel contesto urbano.

Il non-luogo, lo spazio transitorio, che è privo di senso storico e antropologico, non è mai stato considerato come il riflesso della vita domestica urbana. Tuttavia, la sua indipendenza da qualsiasi costrutto socioculturale gli permette di diventare una delle forme cruciali del luogo degli estranei, la casa dei nomadi che abitano la città. Di conseguenza, sempre più persone spostano attività originariamente domestiche in altre località del contesto urbano. Mangiare, socializzare, rilassarsi, dormire, andare in palestra, ricercare la privacy sono ora parte di un sistema di relazioni cittadine domesticate. La casa tende alla città, e la città si trasforma in casa.

 

Bibliografia

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Immagini

copertina: People gather to watch the fireworks display over the East River on the Fourth of July, Tuesday, July 4, 2017, in the Queens borough of New York. Andres Kudacki, 2017.

fig.1: Fotogramma dalla serie TV “Friends” di Krane D. & Kauffman M., 1994.

fig.2: Conical Intersection. Gordon Matta Clark, 1975.