Maggio2014: nota del Direttore
Questa rivista ha ormai più di un anno di vita. Una rivista volutamente sperimentale, che è nel tempo cambiata o, meglio, è venuta precisando le sue caratteristiche. Almeno, così mi pare, e soprattutto così vorrei che fosse. L’abbiamo voluta in principio per testimoniare l’esistenza di una tradizione e di un nucleo di cultori delle questioni urbane che sembravano sbiadire all’interno di una riforma universitaria troppo rigida (a esser benevoli) e di un Ateneo ancora incerto sul tema della qualità. Abbiamo costruito un comitato scientifico di alto profilo internazionale, che sta a comprovare il nostro rango di studiosi, e abbiamo individuato obiettivi e metodi dell’operazione. Il primo obiettivo è quello di dar voce e visibilità alle giovani generazioni di studiosi, indipendentemente dalla loro collocazione istituzionale. Abbiamo sollecitato la collaborazione di ricercatori italiani e stranieri, provenienti da esperienze di ricerca non solo universitaria. Abbiamo accettato l’inglese come altra lingua redazionale. Abbiamo avuto successo, come si evince dalla varietà, che ad alcuni può apparire scomposta, dei temi e dei modi utilizzati per affrontarli. Abbiamo anche cercato di suggerire un ordine a tale varietà, identificando rubriche o capitoli nei quali collocare i vari contributi, anche se non sempre ci siamo riusciti. Abbiamo chiesto scritti brevi o brevissimi, anche se ci siamo accorti che questo richiede in realtà un grande sforzo. Lo riconosceva Voltaire, scusandosi per non aver avuto il tempo di scrivere una lettera più breve di quella inviata. E comunque ci ha salvato dalla riproposizione di scontate esercitazioni accademiche. Credo che la riprova se ne abbia proprio in quella parte della rivista che sembra avere un carattere più tradizionale: i Quaderni. Anche qui, la stringatezza dei contenuti ha reso più incisiva la proposizione dei temi di riferimento. I Quaderni hanno un carattere tutto particolare. Innanzitutto la loro impaginazione ne permette una perfetta stampa (finalmente una vera rivista, dirà qualcuno), poi sono a tema e prevedono un curatore o un gruppo di curatori che ne assumono la piena responsabilità scientifica. Chi li osservasse nella loro sequenza si accorgerebbe di due elementi (almeno): affrontano temi emergenti nel dibattito politico e sociale urbano e puntano a una consolidata riconoscibilità scientifica. Nei Quaderni e, anche più, nelle rubriche, abbiamo affrontato un altro tema della riflessione sulla città: quello della comunicazione e della registrazione delle analisi. Stiamo cercando vie affrontate da altri strumenti disciplinari: le immagini, i suoni, le parole dette. Alcuni contributi sono addirittura privi di testo scritto: non sempre perfettamente intellegibili, in verità, ma capaci di suggerire comunque pensieri non banali intorno all’urbano. E’ una tendenza che va crescendo, basti esaminare lo stesso Quaderno 3, che getta comunque luce su una insoddisfazione per la semplice scrittura e sul fascino di esplorazioni linguistiche fino a poco tempo fa estranee alla disciplina. Stiamo testimoniando un cambiamento, e speriamo di non fermarci qui. Cambierà ora anche il gruppo di redazione della rivista, secondo un impegno che abbiamo preso all’inizio, proprio per consentire una rotazione delle esperienze. Ma non cambierà, credo, la volontà di partecipazione di tutti.
Giorgio Piccinato