Per un apprendimento perenne
In memoria di Carlo Donolo, urbanista “passatore” di frontiere
Dottoranda XXXIII ciclo, Dipartimento di Architettura, Roma Tre
13 maggio 2019, aula Moretti, Dipartimento di Architettura, Roma Tre.
Affari pubblici. Benessere individuale e felicità pubblica tra sapere e potere, seminario in Memoria di Carlo Donolo.
Hanno accolto e introdotto: Paolo Desideri, Direttore del Corso di Dottorato Paesaggi della città contemporanea, Giorgio Piccinato, Direttore di UrbanisticaTre, già Direttore del Corso di Dottorato Politiche urbane e progetto locale, e Simone Ombuen, Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale, moderatore e promotore dell’iniziativa, insieme all’associazione Eutropia onlus. Hanno testimoniato Giacomo Marramao, Attilio Belli, Alberto Clementie sono intervenuti, tra gli altri,Luigi Agostini, Ada Becchi, Salvatore Biasco, Giovanni Cafiero, Daniela De Leo, Toni Federico, Giovanni Laino, Marianella Sclavi, Marco Sordini, Paolo Urbani, Mino Vianello.
Il primo libro che lessi di Carlo Donolo fu Disordine. L’economia criminale e le strategie della sfiducia(Donzelli, 2001), scelto tra le letture proposte da Marco Cremaschi per il corso di Politiche Urbane. Al primo anno del corso di Laurea Magistrale in Progettazione Urbana rimasi catturata dal suo approccio: rigore ed intuizione si mescolavano all’impegno politico. Il respiro “nazionale”, in una versione retorica ponderata e profonda, mi sembrò raro. Esposi durante una lezione il mio entusiasmo mentre rendevo conto della sintesi di alcune parti del libro. Non un manuale, un saggio, un testo tecnico. Una voce che chiedeva futuro attraverso le pagine e, con il lettore, fondava un patto per connettersi a una lunga tradizione umana e umanistica. Emanava qualcosa di classico e deciso, un punto fermo.
Attorno a questo mozzo della ruota, a due anni dalla scomparsa di Carlo Donolo, si accordano oggi le testimonianze di chi lo ha conosciuto. Il mio ricordo è timido al cospetto del tempo condiviso dagli studiosi che sono convenuti il 13 maggio 2019 nel Dipartimento di Architettura di Roma Tre, nella sede dell’ex-Mattatoio, incontro voluto e moderato da Simone Ombuen con Eutropia onlus, anche per presentare l’omonimo volume edito da Franco Angeli. I fili reciproci della ricerca di senso si sono intrecciati per rendere attuale il pensiero di Donolo non per consecutive monumentali onorificenze ma portando l’originalità e la radicalità della sua azione nei discorsi dei giovani ricercatori. Alle porte delle elezioni europee è stato preso un impegno intergenerazionale, alla presenza degli studenti della magistrale e dei dottorandi. Dopo un anno dal primo incontro alla Fondazione Basso, si è confermato il coinvolgimento per la ricostruzione di un vocabolario disciplinare che non aggiri il bene comune e la decisione pubblica solamente per osservarli ma sappia partecipare a una revisione del respiro morale incarnato dalle istituzioni. L’importanza dei beni comuni, l’impegno con il sindacato, quello politico, la riflessione sull’istituzione pubblica, l’avventura nelle avanguardie. I capitoli della vita di Carlo Donolo sono stati restituiti come intarsi di un esempio: quello di un uomo che coltiva il dubbio e s’interroga sul potere.
I saluti di Paolo Desideri sono un grato ricordo di un incoraggiamento ricevuto da Donolo quando uscirono i primi numeri di Gomorra. Con un lusinghiero paragone tra i Quaderni Piacentini e il quadrimestrale di cui Desideri fu co-direttore, Donolo ricondusse il comune impegno nel solco della critica di tendenza, volta a restituire l’epocale trasmutazione della “città di pietra” e della “città di fondazione”, nelle sue coordinate novecentesche. Giorgio Piccinato, Direttore di UrbanisticaTre, ricorda la partecipazione di Carlo Donolo nel Comitato Scientifico del giornale, uno dei vuoti che lascia. La disarticolazione conflittuale del rapporto tra società e mercato del lavoro è un luogo paludoso in cui il ricercatore ancora si perde ma i racconti dei relatori illuminano stagioni e concetti richiamando la responsabilità a condurre le indagini con la stessa intensità.
Giacomo Marramao, Attilio Belli e Alberto Clementi conducono la sessione più ricca per la ricostruzione del profilo culturale e politico dello studioso. Le diverse università (Firenze, Pisa, Francoforte), negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, non sembrano unite da “progetti” e “partnership” ma da una temperie costruita attraverso il dialogo – vitalmente polemico – tra giovani ricercatori. I Quaderni Piacentini raccontano movimenti e fratture di un mondo in cui la militanza intellettuale è inseparabile dall’attività accademica e, oltre ogni questione metodologica, i discorsi sono incarnati e battuti da singole e collettive anime. Quella di Carlo Donolo aveva una vena ironica che gli permetteva di dire qualsiasi cosa alla luce di un impegno di fondo: ogni generazione ha il compito di ridefinire la politica. Gli obiettivi e gli strumenti oggi s’incagliano nella lacuna “tra il non più e il non ancora” (Marramao) ma una memoria vigile può applicare un’attenta “distinzione tra discorsi aperti e quelli che fanno circolare le parole malate”. La mitezza di questo “vero umanista” (locuzione di Mino Vianello) ha, per Attilio Belli, la capacità di sobbarcarsi un lavoro di complessa mediazione disciplinare che appare unico per proporzione e originalità. Rifiutare le facili adulazioni e accettare i rifiuti costitutivi dei rapporti con l’amministrazione pubblica non ha mai scoraggiato Carlo Donolo e l’icasticità delle battute agli amici celava un essenziale impegno nel superare le barriere. Ancora Belli cita Todorov: “mi sono reso conto che avevo condotto una vita da passatore”. Tra il quotidiano e l’astratto e tra le discipline: confini ai quali rinunciare, rischiando di essere tenuti ai margini. Nel racconto di Alberto Clementi questa generosità nel dedicarsi a contesti difficili (L’Aquila, Napoli) testimonia che le partite che sono state giocate da Donolo hanno affrontato la profonda crisi cognitiva denunciata in Italia sperduta: la sindrome del declino e le chiavi per uscirne, in cerca di soluzioni operative concrete. Allo stesso tempo la qualità delle sue affermazioni resta altissima e la fiducia nella ricerca di nuove parole è un imperativo che passa per il perpetuo apprendimento praticato dall’urbanista umanista.
I temi della democrazia partecipata sono proposti nel secondo round di contributi, da Luigi Agostini (attraverso le vicende dell’esperienza dello studioso nel sindacato confederale), Giovanni Laino (che rimarca la maestria di Donolo nel coniugare astrazione e visione) e Marinella Sclavi (che sottolinea l’importanza di applicazioni presenti e future verso un maggiore impegno nell’implementazione in fieridelle politiche urbane). L’adesione militante agli aspetti dell’attività di ricerca è uno stimolo per il rilancio di un ascolto attivo e permeabile da parte dell’universo decisionale politico. Giovanni Cafiero (presidente di Telos e consigliere di Eutropia) invoca un approccio all’innovazione che sappia integrare “le istituzioni” non come detentori, destinatari e sedi della soluzione, ma come magneti di mediazione del percorso dal problema alla soluzione. Magneti che non agiscono polarizzando lo scarto tra saperi e vita ma catalizzando i saperi in un processo che sappia perdere una quota di finalizzazione e iper-regolazione a favore del tempo necessario per conoscere. Dov’è la città reale? Come negli appelli di Daniela De Leo e di Marco Sordini, la “crociata con tutto ciò che è pubblico” passa per un doppio accento “sul pubblico e il politico”, imprescindibile nelle discipline urbane (De Leo) e per un impegno comune per ricostruire il necessario “apprendimento istituzionale” (concetto di Donolo ricordato da Sordini). Gli ambiti di programmazione e di costruzione delle comunità possono trovare spazio in una traiettoria trans-scalare dell’azione (dall’Europa al distretto sostenibile) se non ci si ferma di fronte ai fallimenti ma si tiene insieme critica e speranza, alla ricerca delle parole adatte che sappiano sradicare il lessico che sta avvelenando le città.
Bibliografia
Donolo C., 2017, Affari pubblici. Benessere individuale e felicità pubblica, Franco Angeli, Milano.
Donolo C., 2001, Disordine: l’economia criminale e le strategie della sfiducia, Donzelli, Roma.
Donolo C., 2011, Italia sperduta: la sindrome del declino e le chiavi per uscirne, Donzelli, Roma.
Immagini
copertina: Giacomo Marramao, Attilio Belli e Alberto Clementi, Simone Ombuen, 13 maggio 2019, Dipartimento di Architettura Roma Tre.
fig.1: Daniela De Leo, 13 maggio 2019, Dipartimento di Architettura Roma Tre.