Per uno sviluppo sostenibile

Per uno sviluppo sostenibile

Alcune questioni cruciali (e non più prorogabili) per il futuro

di Sara Caramaschi

Assegnista di ricerca in studi urbani, GSSI – Gran Sasso Science Institute

 

La cultura e le politiche egemoni in Occidente degli ultimi trenta anni hanno sistematicamente ignorato il ruolo del progresso capitalistico nelle rilevanti mutazioni climatiche, nell’incremento dell’inquinamento e nella comparsa di nuove malattie. Ciclicamente e sempre con maggiore velocità, abbiamo fatto i conti con cambiamenti sociali, economici e ambientali tali da portare al disegno degli obiettivi mondiali dello sviluppo sostenibile per il 2030. Nel settembre 2015 oltre 150 leader mondiali hanno approvato l’Agenda 2030, i cui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e i 169 sotto-obiettivi mirano a promuovere il benessere umano e la protezione dell’ambiente naturale. Tuttavia, la crisi globale innescata dalla pandemia da Covid-19 ha messo sotto ai riflettori disuguaglianze e fragilità persistenti, frutto in gran parte del nostro recente passato. È allora emerso con forza come questa pandemia rappresenti l’interfaccia tra due crisi: da un lato la crisi ecologica del pianeta, la perdita di biodiversità, la crisi climatica, il consumo di suolo, l’inquinamento, la deforestazione, l’invadenza dei sistemi agroindustriali. Dall’altro lato, le fragilità e le crescenti disuguaglianze socioeconomiche, individuali e territoriali, che ne hanno amplificato diffusione ed effetti. Studi recenti (ActionAid 2020; Oxfam International 2021) analizzano come la crisi innescata dal Covid-19 abbia rivelato la nostra fragilità collettiva e l’incapacità di un sistema economico profondamente iniquo di garantire il benessere per tutti. La pandemia da coronavirus ha però anche riportato in primo piano l’importanza vitale di politiche trasformative e il ruolo di governi locali e cittadini nella costruzione di un mondo più equo e sostenibile.

È da tempo che la comunità scientifica e non si interroga su come avviare (e sostenere) quel cambiamento necessario ed urgente nel modello di sviluppo corrente (Barca 2019; Barca & Luongo 2020). Questa mobilitazione ha rivelato come sia ormai cruciale e non più prorogabile la ricerca di valori e metodi non gerarchici capaci di costruire uno spazio sociale in equilibrio con il suo ecosistema. Se vogliamo dirla in maniera più semplice, un tessuto comunitario basato sulla cooperazione e non sulla competizione, sulla redistribuzione e non sull’accumulazione, sull’interdipendenza e non sulla sopraffazione. In questo ragionamento entrano in gioco diverse questioni a mio parere cruciali e non più prorogabili che brevemente cercherò di trattare: l’ecologia politica, la dimensione territoriale e la centralità della cittadinanza attiva.

Sul primo punto, l’ecologia politica, non c’è sostenibilità senza azioni concrete capaci di garantire efficienza economica, valori ecologici e benessere complessivo dei cittadini. È necessario dunque ritrovare un terreno comune, una base unificante per tutte quelle riflessioni capaci di riportare nelle nostre città valori come la complementarità, il mutuo appoggio e il senso del limite, ma anche un profondo sentimento comunitario e una concezione organica fondata sull’unità nella diversità (Bookchin 1989; Gorz 2015; Illich 1974). Questi valori – e i soggetti o istituzioni in cui sono incarnati – hanno dimostrato essere in grado di cambiare l’intero paesaggio sociale ed urbano dei nostri tempi. È dunque urgente e di vitale importanza non lasciare che il pensiero ecologico e più in generale la sostenibilità degenerino in nuove forme di politica statuale e mode mainstreamportatrici di inerzia e veloce disinteresse. È tempo di politiche basate sull’azione diretta, sulla movimentazione dal basso e sull’attivo coinvolgimento di tutte le parti sociali, così da scardinare le logiche di dominio dell’uomo sulla natura.

Il secondo punto, la dimensione territoriale, non può che partire dalla ricomposizione dei divari (Coppola et al. 2021; Semi 2020). Se guardiamo alla scala territoriale nazionale – ma questo ragionamento vale anche a livello europeo e mondiale – si osserva un quadro di divergenze crescenti non solo tra processi di valorizzazione e svalutazione di intere porzioni di territorio, ma anche nell’accesso e nella qualità dei servizi essenziali (Arbaci 2019; Sassen 2014). Gli effetti di questi squilibri e la loro interdipendenza hanno raggiunto dimensioni tali da produrre impatti critici temporalmente e spazialmente differenziati. Questi divari impongono nuove responsabilità pubbliche e civili capaci di intervenire tanto sulle forme di produzione e organizzazione dello spazio, quanto sulle diverse temporalità necessarie alla ricomposizione territoriale. In questo processo delicato e progressivo, la varietà dei contesti territoriali e sociali deve tornare a rappresentare una risorsa e non essere più vissuta come fonte del problema. Partire dal territorio per animare nuove strategie sostenibili significa dunque tener conto che le geografie del disagio, del degrado e del rischio necessitano di azioni mirate e tempi diversificati che permettano processi specifici di transizione ecologica e di riqualificazione (Forum Disuguaglianze e Diversità 2019).

Terzo e ultimo punto che chiude questo ragionamento è legato all’importanza delle forme di cittadinanza attiva e alle pratiche di mutualismo, ovvero al ruolo di risorse umane, competenze, pratiche, passione sociale e civile che prendono in mano il cambiamento (Albano et al. 2020). È nelle città che si concentra la maggiore capacità di sperimentazione, valutazione e diffusione di pratiche efficaci di azioni pubblica, privata e collettiva; è nello spazio urbano che si costruisce consenso e si immaginano politiche che convincano spazi e cittadini che le diseguaglianze possono essere rotte, che un futuro più sostenibile sia possibile e che si possa avere fiducia nelle possibilità e nelle proposte di cambiamento. È necessario dunque ridare un senso all’agire umano, alla sua capacità di intervento e di mutuo soccorso. La cittadinanza attiva è un fenomeno sociale, politico e culturale che consiste in una iniziativa autonoma dei cittadini che si mettono insieme ed esercitano potere e responsabilità per l’interesse generale (Moro 2019). Si svolge nelle politiche pubbliche e non nella politica e ha una molteplicità di forme, motivazioni, strutture organizzative, modelli operativi. La cittadinanza attiva ha la forza di mobilitare risorse nascoste, di modificare comportamenti di soggetti sociali o collettivi, di mutare la cultura di massa e di definire nuove modalità di organizzazione sociale e di gestione dei servizi (Ciaffi 2020; Manzini 2018).

Se dunque consideriamo questi tre punti e pensiamo a politiche e progetti per una società ecologica, per la giustizia sociale e per la lotta alle diseguaglianze, le città appaiono subito come le protagoniste dello sviluppo di modelli più sostenibili (Martinelli et al. 2021). Banalmente perché è nelle città che si concentrano alcuni dei problemi che oggi siamo chiamati ad affrontare. Tuttavia, in un’epoca in cui alcune derive dell’urbanizzazione hanno gettato una pessima luce sociale sulla città, può essere opportuno rilevare il suo grande potenziale: fornire un ambito comune e modi di vivere che si sono storicamente costruiti secondo principi etici e razionali conformi a determinati ideali di giustizia e benessere. Le città hanno rappresentato un passo in avanti decisivo nella vita sociale e ancora oggi possono e devono essere i luoghi dove i cittadini diventano individui più consapevoli, civicamente impegnati, attivi e capaci anche di forme di auto-governo. È nella città che si imparano, trasmettono e coltivano le responsabilità civiche ed è da qui è necessario ripartire.

 

Riferimenti bibliografici

ActionAid 2020, LA PANDEMIA CHE AFFAMA L’ITALIA. Covid-19, povertà alimentare e diritto al cibo, disponibile online https://bit.ly/3whQITQ.

Albano R., Mela A., Saporito E. 2020, La città agìta. Nuovi spazi sociali tra cultura e condivisione, Franco Angeli.

Arbaci S. 2019, Paradoxes of segregation: Housing systems, welfare regimes and ethnic residential change in Southern European cities, John Wiley & Sons.

Barca F. 2019, Cambiare rotta. Più giustizia sociale per il rilancio dell’Italia, Laterza.

Barca F. & Luongo P. 2020, Un futuro più giusto. Rabbia, conflitto e giustizia sociale, Il Mulino.

Bookchin M. 1989, PER UNA SOCIETÀ ECOLOGICA, Elèuthera.

Ciaffi D. 2020, Servizi ibridi e condivisi per prendersi cura dei beni comuni. L’imprescindibile dimensione dello stare bene insieme per prendersi cura della distanza, Labsus, disponibile online https://bit.ly/3gkGU5X.

Coppola A., Del Fabbro M., Lanzani A. & Pessina G. 2021, Ricomporre i divari. Politiche e progetti territoriali contro le disuguaglianze e per la transizione ecologica, Il Mulino.

Forum Disuguaglianze e Diversità 2019, 15 Proposte per la Giustizia Sociale, disponibile online https://bit.ly/3gtRlmz.

Gorz A. 2015, Ecologia e Libertà, Orthotes.

Illich I. 1974, La convivialità, Mondadori.

Manzini E. 2018, Politiche del quotidiano, Edizioni di Comunità.

Martinelli N., Croci E. & Mininni M. 2021, Sesto Rapporto sulle città. Le città protagoniste dello sviluppo sostenibile, Il Mulino.

Moro G. 2019, ‘CHE COS’È LA CITTADINANZA ATTIVA?’, in RIVISTA DI CULTURA E DI POLITICA, disponibile online https://bit.ly/2TZWkUL.

Oxfam International 2021, IL VIRUS DELLA DISUGUAGLIANZA. Un’economia equa, giusta e sostenibile per ricucire un mondo lacerato dal Coronavirus, disponibile online https://bit.ly/3zlynHp.

Sassen S. 2014, Expulsions, Harvard University Press.

Semi G. 2020, ‘Appunti sulla nuova forma delle disuguaglianze urbane post Covid’, in Adobati F., Peretti M.C., Zambianchi M. (a cura di), ICONEMI 2019. 2019 CIAM: COMUNITÀ, IMPEGNO, AMBIENTE, MONDO. IDEE DI TERRITORIO 70 ANNI DOPO, Bergamo University Press, pp. 29–33.

 

Didascalie

Copertina: Graffiti, Sara Caramaschi, 2020.

Fig. 1: Mobilità sostenibile, Sara Caramaschi, 2021.

Fig. 2: Campagna #FacciamoEleggere, Forum Disuguaglianze e Diversità, 2021.