Piccoli spazi urbani e micro-identità

Piccoli spazi urbani e micro-identità

Le politiche di pocket parks come strumenti di rigenerazione della città pubblica

di  Caterina Montipò

Architetto, Laureata presso il Politecnico di Milano

[in copertina Paley park a New York]

Le città ereditano costantemente spazi non previsti dai processi di pianificazione e disegno urbano, considerati di risulta, interstiziali, abbandonati, piccoli lotti inedificati o liberati dalle demolizioni all’interno di isolati esistenti. Nelle realtà consolidate, la loro piccola entità e la loro natura di spazi non definiti li porta a essere visti come non luoghi (Augè M., 2009) della città e della società, spazi interni dell’abbandono (Georgiadis T. 2015). Questi sono in realtà potenziali attivatori di percorsi di rigenerazione urbana e sociale. Se un grande parco o una piazza ampia influenzano positivamente la città ma solo in prossimità dell’area, un sistema di tanti piccoli luoghi pubblici o aree verdi, diffusi nel tessuto urbano ma di superficie pari al grande spazio, potrebbero coinvolgere l’intera città. I pocket parks, o vest-pocket parks, minipark, o giardini tascabili, sono piccole aree verdi riconosciute come tipologia dello spazio pubblico urbano, generalmente ricavati in aree residuali per diretta iniziativa delle comunità di quartiere, “user-genereted” (Spinelli G. 2010,  p.5), o per scelta dell’amministrazione pubblica. Caratteristiche generali di questi luoghi sono la piccola dimensione, “lot-size” appunto, avere un raggio di influenza locale, essere a servizio delle esigenze del quartiere potendo ospitare diverse attività ricreative, ed essere visibili dalla strada e dagli edifici circostanti. Un giardino tascabile può dunque essere di varia natura, da playground a luogo di sosta e spazio verde, scenario di eventi temporanei o piccoli locali commerciali, dipendendo di volta in volta dal contesto in cui si inserisce e dalle dinamiche che hanno portato alla definizione del luogo.

I pocket parks sono dunque strumenti di progettazione urbana a piccola scala, luoghi intermedi tra la dimensione pubblica e quella privata, capaci di favorire l’interazione fisica e conoscitiva tra persone; sono spazi flessibili in grado di assorbire le opposizioni e le trasformazioni della città e di chi la vive, diventando momenti di espressione e coesistenza delle diversità.

Le prime politiche dei pocket parks si sviluppano negli Stati Uniti a partire dalla metà degli anni Sessanta: nel 1969 Whitney North Seymour Jr., presidente della Park Association di New York, pubblica il testo Small Urban Spaces: The Philosophy, Design, Sociology and Politics of Vest-Pocket Parks and Other Small Urban Open Spaces che portò alla realizzazione dei primi giardini tascabili. Seymour afferma che «i piccoli parchi urbani dovrebbero essere qualche cosa di più che dei posti in cui sedersi o giocare. Dovrebbero anche essere delle scene da guardare da lontano; camminando lungo una strada, guardando fuori da una finestra, o cogliendone un’immagine fugace con l’angolo del nostro occhio. Quindi, i piccoli spazi urbani potrebbero contribuire all’interesse, alla varietà, e alla attrattività dei quartieri. Essi potrebbero essere una forza decisiva per contrastare la formazione di aree di degrado e di quartieri sporchi e densi… I vest-pocket park, in breve, non solo possono rispondere a una funzione pratica di ricreazione ma potrebbero anche contribuire alla salvaguardia della città come un posto dove vivere oltre che lavorare» (citato in Simon C. 2010, p.20).

Successive reinterpretazioni della tipologia del pocket park sono state alla base di politiche di recupero sullo spazio pubblico, come ad esempio il progetto Eco-Metropole – Copenhagen 2015 o il London’s Great Outdoors – Manifesto for Public Space stabilito nel 2009 dal sindaco di Londra Boris Johnson. Quest’ultima iniziativa promuove la realizzazione di cento pocket parks nel tessuto urbano di Londra, riconoscendoli come fondamentali momenti di sosta e sollievo dalla città frenetica: un “buon” pocket park aiuta a riattivare la vita di quartiere generando coinvolgimento sociale e senso di appartenenza, attrae ed incoraggia le persone a vivere il proprio spazio pubblico e relazionarsi, oltre a contribuire ad altri fattori come la conservazione della biodiversità e del verde all’interno della città. Il London’s Great Outdoors struttura un programma di potenziamento degli spazi pubblici di Londra come strategia di miglioramento della qualità della vita e dei servizi offerti dalla città. Sulle stesse basi nasce il progetto Eco-Metropole per Copenhagen, con l’obiettivo di consentire a ogni cittadino di poter raggiungere un parco, una piazza, un molo o una darsena camminando meno di 15 minuti da un qualsiasi punto della città. I pocket parks giocano dunque un ruolo fondamentale perché lavorano alla piccola scala e rispondono alle esigenze più semplici e quotidiane degli abitanti, offrono facili ed efficaci spazi verdi e attribuiscono un significato positivo a luoghi anonimi. Nel caso di Copenhagen i cinque elementi chiave da considerare nella realizzazione di un pocket park sono: la dimensione (meno di 5000 mq), avere un importante elemento verde, trasmettere un’immagine positiva e accogliente, dare senso di protezione grazie a precise linee di demarcazione, riflettere l’identità della comunità locale.

I casi presentati nascono come iniziative politiche capaci di concretizzarsi solo attraverso il coinvolgimento in prima persona dei destinatari di queste scelte, diventando quindi movimenti di coinvolgimento sociale e partecipazione supportati alla base da una forte progettualità. In molte città esistono però innumerevoli esempi di recupero dei piccoli spazi urbani per iniziativa delle comunità di quartiere. Spesso risulta difficile in alcuni contesti mantenere questi luoghi attivi, vitali e funzionali a lungo termine, per cause di abbandono, carenza di visione d’insieme o per conflitti di interesse che non trovano un accordo condiviso. In alcune situazioni positive queste iniziative locali trovano in un secondo momento l’appoggio di associazioni, progettisti, amministrazioni o altri enti, dando vita a sistemi di riattivazione dei singoli quartieri e, di riflesso, della città.

La rigenerazione dello spazio pubblico per definizione necessita del coinvolgimento diretto dei cittadini in quanto oltre ad aspetti oggettivi come i requisiti prestazionali dell’ambiente, risultano fondamentali le esigenze degli utenti, quei fattori psicologici, sociali e relazionali soggettivi e variabili. È inoltre importante sottolineare come lo spazio pubblico non dovrebbe essere considerato come luogo dove lottare per raggiungere un senso di appartenenza, al contrario ne dovrebbe essere garante, ovvero basarsi sull’idea che le persone gli appartengano. Secondo le esperienze realizzate in passato e in anni più recenti potremmo affermare che, indipendentemente dalla natura dell’iniziativa, è importante che arrivino a coesistere e collaborare la dimensione individuale, quindi intima e interna alla società, con una visione programmatica esterna e più ampia capace di considerare la piccola scala come elemento costituente di una più fitta rete di relazioni che struttura la città, intendendo questa sia come spazio fisico costruito che come dimensione socio-culturale. In questo senso la tipologia dei pocket parks può risultare uno strumento particolarmente efficace nella riappropriazione dello spazio pubblico di una città. Un piccolo spazio urbano di questo tipo è capace di dare luogo ai sempre più frequenti eventi performativi, temporanei e di forte impatto mediatico che cercano di riportare le persone allo spazio pubblico e allo stesso tempo, diventando politiche di intervento urbano, riescono ad innescare logiche di occupazione dei luoghi pubblici a lungo termine e di prospettiva lungimirante.

Negli ultimi anni in Italia il tema è stato oggetto di tesi e ricerche universitarie, in particolare grazie agli studi e ai progetti sperimentali condotti dal Prof. Giampiero Spinelli. Tuttavia è difficile riscontrare nelle nostre città vere e proprie politiche di intervento sullo spazio pubblico che si misurino sulla tipologia dei giardini tascabili per raggiungere un miglioramento della qualità urbana, nonostante non manchi certo una volontà e una piena predisposizione al tema da parte delle comunità e della società, includendo in questa quelli che potremmo definire “addetti ai lavori”.

I pocket parks sono dunque fondamentali risorse sulle quali investire per la definizione di nuove centralità per i quartieri «in grado di costituire un riferimento collettivo, una “infrastruttura della socialità”» (Spinelli G. 2010,  p.11). Attivare una politica di pocket parks significa realizzare nuovi modelli di sviluppo di un territorio che cercano di raggiungere le grandi trasformazioni non partendo da macro-sistemi urbani e culturali, ma dagli elementi apparentemente più deboli, dai micro-sistemi e dalle persone.

Img.1: Pocket park a Ottawa, RAD Lab
Img.2: Pocket park a Londra, Moxon Architects
Img.3: Bananna park a Copenhagen
Img.4: Riva della Senna a Parigi
Img.5: Il salotto dell’albicocco a Sesto San Giovanni, Atelier PA(N)DA

BIBLIOGRAFIA

Armato F. 2013, Pocket Park. Spazi tra gli edifici, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Firenze, Firenze

Augè M. 2009, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Eleuthera, Milano

Boris J. (Mayor of London) 2009, A Manifesto for Public Space – London’s Great Outdoors, consultato a marzo 2015 <https://www.london.gov.uk/priorities/regeneration/londons-great-outdoors>

Georgiadis T. 2015, “Isola di calore urbana e progettazione del comfort”, REPUBLIC MED | REBUS. REnovating of Buildings and Urban Spaces, Regione Emilia-Romagna, Bologna, pp.19

Municipality of Copenhagen, Technical And Environmental Centre City Hall 2007, Eco-Metropole. Our Vision For Copenhagen 2015, consultato a marzo 2015 < www.miljoemetropolentmf.kk.dk/>

Simon C. 2010, Piccoli spazi urbani: indicazioni per aree gioco di qualità, prefazione di G. Spinelli, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna

Spinelli G. 2010, “Prefazione”, in Simon C., 2010, Piccoli spazi urbani: indicazioni per aree gioco di qualità, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna