Struttura ed Immagine della Città Mediale

Struttura ed Immagine della Città Mediale

Quadro teorico per la definizione di un Modello di Accessibilità Ibrida e progetto per sistemi di interazione urbana

di  Michelangelo Vallicelli

Dottorando presso il Dipartimento di Architettura, Roma Tre

[Immagine di copertina: Istallazione Amsterdam Real Time all’archivio municipale di Amsterdam per la mostra Kaarten van Amsterdam 1866-2000]

A seguito di più di 50 anni caratterizzati da sub-urbanizzazione ed erosione dei centri urbani, le città non solo stanno incrementando la loro dimensione, ma anche la loro complessità, ed in particolare i vari layer che si moltiplicano e ne compongono la stratigrafia sociale ed economica sempre di più si spostano da flussi di energia (azioni sulle cose) verso flussi d’ informazioni (Batty 2014). Oggi si sta assistendo all’ingresso di nuovi attori nella risposta ai fenomeni di urbanizzazione, i più significativi sono legati alle tecnologie per la lettura di dati a carattere intensivo, fenomeno storico che può essere considerato come la prima industrializzazione del XXI sec.

Oggi stanno sorgendo nuove forme d’ investimento nell’automazione ed inter-connessione tra gli apparati urbani rendendo gli spazi ed i tempi della città radicalmente diversi da quelli descritti nelle teorie classiche dell’urbanistica. L’ampia convergenza dei media che è sempre più mobile, istantanea,  e pervasiva con lo spazio urbano è divenuta una cornice costitutiva delle interazioni che in esso si svolgono. Contrariamente a considerarli separatamente dalla città – il medium che ‘rappresenta’ i fenomeni urbani tramutandoli in immagine – verrà argomentato che la dimensione spaziale della moderna metropoli emerge attraverso un complesso processo di co-costituzione tra le strutture architettoniche, territori urbani, pratiche sociali ed effetti dei media (McQuire 2008).

W. Benjamin nel progetto Arcades assembla i frammenti della sua ricerca come un ritratto caleidoscopico dei processi di innovazione tecnologica nella Parigi del XIX sec: la realizzazione dei Passages e l’esposizione al loro interno dei beni di lusso come risultato della commodificazione industriale ed il suo effetto sulla fotografia e cinema. Se ciò, assieme alla produttività capitalista è stato all’origine della città moderna, la tecnica delle informazioni è oggi la forma industriale emergente che maggiormente determinerà la realtà urbana nei prossimi anni.

Storicamente si potrebbe affermare che da un ben definito insieme di produttori e settori razionali di operazioni e gestioni finalizzate ad allineare domanda ed offerta all’interno dei confini definiti della città si sta passando verso una società post-digitale della rete. Includendo le megalopoli con i relativi fenomeni di dispersione, strumenti di comunicazione e servizi globalizzati, la domanda e le necessità sono profondamente intersecate e dai confini sfocati. Le architetture delle reti di produttori e consumatori sono sempre meno definibili così da generare incertezza ed incapacità di agire.

Precedentemente alla rivoluzione industriale le città sono state strutturate sulla base di una corrispondenza tra  organizzazione funzionale e spazio fisico: la distanza di percorrenza era la misura che maggiormente influenzava la concezione dei tessuti rispetto alle centralità e la distribuzione delle attività. La dimensione politica ed economica era profondamente ancorata alle risorse territoriali, cornice delle attività d’ interscambio, rendendo l’architettura uno strumento di comunicazione ancorato alla sua collocazione.

L’ etica del simbolo nell’architettura monumentale si è storicamente servita delle costruzioni per creare spazio,  permettere ed organizzare gli interscambi all’interno della città, garantendone un senso universale in base alla logica del Raumen, ovvero dell’ “evacuazione”: la distruzione della contestualità per la creazione di spazio abitabile. Questo è cio che potrebbe definirsi il fondamento dell’accessibilità ed è importante sottolineare come vi sia una relazione tra questo aspetto apparentemente solo spaziale, quindi materiale, e quello immateriale della comunicazione.

Nella modernizzazione, la crisi dei valori tradizionali e delle loro icone ha permesso alla tecnica di rappresentare lo strumento di maggiore potenza, e quindi l’etica (Severino), per garantire l’accessibilità urbana nella realizzazione delle infrastrutture moderne dando luogo alle conurbazioni Metropolitane. In questa situazione il capitalismo si è posto come la forza dominante, ed in contesti di sempre maggiore mobilità di massa  gli spazi commerciali, le capacità comunicative necessarie legate agli edifici in se sono venute meno. Così, l’apparato mediatico di cui parla Venturi sulla streep di Las Vegas, è probabilmente una delle prime manifestazioni di città digitale.

Ad ogni modo, la definizione di accessibilità è un costrutto che connota differenti significati legati alla distanza, al tempo, al costo, al lavoro, ai servizi disposti nello spazio. I cambiamenti tecnologici avvenuti sull’apparato di informazione negli ultimi 20 anni hanno portato alla combinazione ibrida dell’accessibilità fisica e mediatica (Coucleis, Getis 2000, L. Scott 2000). La conseguenza della complementarità tra spazio fisico e virtuale è che la corrispondenza tra spazio fisico e funzionale, fondamento della geografia socioeconomica tradizionale, non è più garantito dalla società delle informazioni. Le tecnologie per l’informazione agiscono sulle relazioni spaziali in vario modo. Ad esempio, Internet, e la telefonia mobile personalizzata hanno decuplicato i rapporti tra luoghi rispetto alle funzioni dal momento in cui le attività diventano sempre più individuali più che localizzate, per cui il luogo è sempre meno rilevante rispetto alle azioni che in esso si compiono (Coucelis e Getis 2000) implicando una nuova geografia delle opportunità.

La sempre maggiore integrazione all’interno dello spazio pubblico degli apparati di comunicazione digitale audiovisiva, da Las Vegas negli anni 50-60 descritto da Venturi, è più recentemente divenuto dinamico. Da 20 anni con i principali eventi di massa, come i concerti musicali, con la nascita dell’arte digitale, si sono iniziate ad utilizzare facciate mediali all’interno degli eventi performativi.

Facciate mediali del ZooropaTV tour concerto a Sydney 1993 degli U2

Credo si possa dire che il il Zooropa TV Concert degli U2 tenuto al Sydney Football Stadium del 1993 sia stato una delle manifestazioni precorritrici di una condizione urbana caratteristica negli ultimi 10 anni. Il palco fu progettato da Willie Williams in collaborazione con Mark Fisher e Jonathan Park. Il concetto del Zooropa tour si è ispirato alla programmazione televisiva più disparata, ed alla volontà di ricreare l’effetto di desensibilizzazione derivato dai mass media, ed i programmi radiofonici come il “Morning Zoo”. In un periodo in cui i display Led avevano decisamente un ruolo minore, seppur in un concerto ma comunque in un ambiente di dominio pubblico, questo evento ha pre-figurato lo scenario urbano di Blade-Runner: concretizzatosi successivamente ad  Hong Kong, Shanghai, Times Square,Tokyo. La performance, è stata elaboratamente pianificata come un artcolato evento multimediale. Coordinato con un incredibilmente vasto e complesso apparato mediatico veniva trasmesso tramite collegamenti via satellite in diretta nelle più importanti reti televisive. Inoltre lo show era arricchito da video confessionali scherzi telefonici, ed effetti di proiezione ‘zapping’ con scritte dai significati scollegati tra loro, mirate a sovraccaricare sensorialmente gli spettatori.

Per quanto riguarda le Media facades la tecnologia per sistemi a bassa risoluzione è stata applicata per la prima volta all’interno del nuovo museo per le arti di Graz di Peter Cook, in Austria nel 2000 sviluppato con Colin Fourier e diversi consulenti che hanno progettato il sistema di pixel chimato BIX, ovverosia un insieme di bulbi luminosi intermittenti in relazione alle attività interne al museo in continuo cambiamento. Ogni pixel è un unico elemento circolare fluorescente di circa 30 cm di diametro, e nel loro complesso formano uno schermo a bassa risoluzione in deliberato contrasto con  quelli ad alta risoluzione usati per gli annunci pubblicitari. Il sistema  BIX  non è paragonabile agli involucri di Times Square non avendo una propria esistenza indipendente dall’edificio che la incorpora. Al contrario, l’involucro era strettamente connesso al programma ed ai flussi interni all’edificio. Pur provvedendo a tutte le necessità tradizionali di una facciata, è anche una membrana permeabile per un ciclo di scambio con la dimensione pubblica.

Sistema di Illuminazione BIX della Kunsthauz a Graz

Dall’apertura della Kunsthauz Graz nel 2003, si sono realizzati dozzine di involucri elettronici in città come Seoul, Shenzen, e Singapore. Tutti questi coinvolgono illuminazioni a basso consumo ed un approccio basato sull’unità pixel che può produrre pattern grafici, o testi.

Le architetture multimediali pubbliche, dalla prima apparizione negli anni 80′-90′, nelle loro diverse manifestazioni hanno progressivamente abbandonato la perentorietà caratteristica della comunicazione televisiva. L’industria delle informazioni, conseguente all’ incremento di complessità degli agglomerati urbani, porta verso una interattività sempre maggiore, ed un’ organizzazione in tempo reale. Da ultimo la dimensione iconica e tecnica che si concretizzano in coesistenza negli strumenti informativi implicano una progressiva dislocazione dell’accessibilità.  Il valore che si trasmette nell’immagine è contrariamente alla situazione pre-industriale identificato dalla tecnica stessa e validato dalla sua capacità di eliminare distanza. Le infrastrutture mediali sono quindi il risultato di una eterogenesi dei fini, per cui il simbolo non è più lo scopo ultimo, divenuto invece lo strumento stesso di conformazione della geografia urbana. Credo sia importante sottolineare come questa condizione non costituisca una scelta, per cui parlare di evoluzione sarebbe inopportuno, al contrario è un destino determinato da una struttura fondamentale su cui si sviluppa la città moderna.

BIBLIOGRAFIA

Michael Batty (2014), “The New Science of Cities”, the MIT press

Delft School of Design Series on Architecture and Urbanism (2006)”De-/Signing the Urban. Technogenesis and the Urban Image” Editors Patrick Healy and Gerhard Bruyns, 010 Publishers

Martyn Brynskov (2014) “Urban Interaction Design. Towards City Making” MAB Publishers

R. Venturi  (1972) “Learning From Las Vegas”, Quodlibet

E.Severino  (2009) “Il Destino della Tecnica”, Rizzoli, Bur Saggi

W. Benijamin  Parigi, capitale del XIX secolo. Progetti appunti e materiali 1927-1940, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1986