Un passo indietro per andare avanti
Un passo indietro per andare avanti: le città e la periferia
di Rui Alves
Architetto, CEAU-MDT, Faculdade de Arquitectura da Universidade do Porto (FAUP)
Su invito del relatore della mia tesi di Master in Architettura presso la FAUP (Facoltà di Architettura di Porto), Rui Braz Afonso, a giugno dell’anno scorso ho scritto un articolo che sviluppasse i temi di ricerca precedentemente analizzati nella tesi, tenendo in considerazione la situazione attuale causata della pandemia del Covid-19. Adesso, dopo un anno di confinamento, di “libertà condizionata” e cambiamenti generali del comportamento sociale e della forma di fruire e godere degli spazi urbani, le previsioni di un futuro meno difficile rendono più facile pensare come si possa progredire d’ora in poi.
Dopo anni di tentativi di “controllo” dell’uso dell’auto, cercando di moderare l’inquinamento dell’aria e la progressione del riscaldamento globale, la pandemia del Covid-19, facendo leva sul principio che viaggiare in una “scatola di metallo” con molte altre persone non sia attualmente una situazione ideale, è riuscita a mostrare le debolezze delle forme urbane, delle città e delle società. «La costante domanda da parte della società di “qualificazione”, che si traduce nella continua aspirazione sociale, e nel raggiungimento di funzioni urbane sempre nuove, spesso reinventate, ha fatto sì che ognuno di noi abbia a disposizione una enorme quantità di opportunità di vita in un spazio confinato.» 1 (Braz Afonso 2009, p. 198)
Oltre ai problemi legati all’igiene e alla salute, la diversificazione della vita nelle società e gli obiettivi sempre più diversi dei singoli individui concorrono alla creazione di esigenze diverse di mobilità (una famiglia di quattro persone può avere quattro punti da raggiungere diversi, talvolta a distanza di alcuni chilometri), che rendono i trasporti collettivi meno efficienti. La “mobilità leggera” è una soluzione che funziona solo in una area “contenuta”, oltre che solo “senza carica” (come la spesa per la settimana o il mese) e le persone con difficoltà fisiche hanno bisogno di molto più tempo per percorrere la stessa distanza di una persona in forma (se riescono a percorrerla). I veicoli elettrici, a loro volta, non rappresentano una vera “risposta”, poiché non riducono le emissioni nocive (in un’periodo sufficientemente breve per rispondere effettivamente ai problemi ambientali) e la fruibilità nella vita quotidiana dipende della zona di residenza dell’utente e dal veicolo stesso – così come i livelli di inquinamento che producono.2 (BMU 2019) Incoraggiare l’industria a fare nuove vetture, a creare nuove forme di muoversi, è importante per abbassare le emissioni medie dei veicoli, ma aumenta le emissioni immediate, sia nei processi di produzione, sia nei processi di ricerca (sebbene i nuovi veicoli e le nuove tecnologie siano meno inquinanti, tutto il processo di ricerca, di trial and error, sarà molto inquinante, se non controllato più strettamente di adesso), sia nel trasporto dei prodotti.
Ci troviamo, quindi, in un complesso paradosso: la situazione attuale non è sostenibile, le “soluzioni collettive” (l’autobus, Metro, treno, eccetera) e leggere non riescono a rispondere ai bisogni di una società sempre più individualizzata (oltre che le problematiche di salute e igiene) e le soluzioni eco-friendly individuali (veicoli elettriche, per esempio) non sono sufficienti. La mobilità, nello stesso modo in cui ha cambiato le città e le sue forme di uso, e nello stesso modo in cui ha concorso nella creazione e nell’aumento dei problemi ambientali, è una parte importante della “chiave” per risolvere questi problemi. La “Città di 15 minuti”, proposta studiata da alcuni anni a Parigi e che ha generato altre proposte per altre città, è basata su un’idea di “ritorno al passato”, alla prossimità fisica degli “funzioni” più importanti dello spazio urbano. «La tendenza a concentrarci nelle grandi città ha subito una decisa inversione. Nella vita dopo il Coronavirus si studiano nuovi modelli di suburbanizzazione, e forse proprio l’idea di ‘distanziamento sociale’ ha ispirato quella di ‘distanziamento urbano’.»3 (la Repubblica 2020)
«Per questo, i nuovi modelli economici non possono svilupparsi senza un ripensamento dello spazio urbano, con scelte urbanistiche che mettano in relazione gli aspetti economici e dell’abitare sociale.»4 (la Repubblica 2020). Questo è un punto importante (sebbene debole) delle idee di “modificare” in modo intenso. L’abitudine delle persone a certe cose richiede un periodo di tempo per cambiare – tempo che potremmo non avere. Non si può forzare nemmeno da un punto di vista economico: anche se i governi dovessero sostenere i costi di costruzione e trasformazione degli edifici, il settore privato che impiega tante persone non cambierebbe così facilmente. Ma, se non si può forzare, si può fare “presto”? Sì. Barcellona e Parigi hanno già iniziato processi affinché alcuni isolati diventino pedonali, utilizzando l’urbanismo tattico, elementi verdi (alberi, arbusti, aiuole mobili, eccetera) e vietando l’accesso di veicoli motorizzati (siano a combustibili fossili o elettriche) ai non abitanti e in maniera progressiva (non immediata). Incentivi alla creazione di negozi piccoli, di parcheggi per automobili ai limiti della città e una maggiore libertà di circolazione in bicicletta o altri mezzi leggeri sono parti essenziali del processo: senza vietare la circolazione di veicoli motorizzati, ma incentivando ad un diverso modo di circolare si può avanzare molto più velocemente.
La preoccupazione principale adesso dovrebbe essere la “periferia” delle città, sia delle metropoli, sia delle città di scala “più piccola”. Creare queste “Città di 15 minuti” con funzioni varie che “incentivano a non andare da altre parte” è un lavoro impegnativo e ancora troppo lontano in aree che non hanno una maglia “unita”. Dotare le aree meno consolidate di funzioni è, per arrivare agli stessi risultati che vediamo già nelle città, essenziale. Movimenti pendolari in veicoli motorizzati sono molto più comuni in aree che non hanno una “concentrazione” di lavoro, negozi, servizi o industria: se nella città c’è tutto in una area confinata, incoraggiare i Comuni (e il settore privato, gli abitanti, eccetera) delle aree meno sviluppate e/o più vuote di funzioni a costruire centralità diverse è un punto di partenza efficace. Nel periodo Moderno, fino agli anni 50 dell’secolo XX, le periferie delle città dovevano diventare spazi verdi, ecologici, puliti, ma sappiamo oggi che, in verità, non lo sono mai stati completamente. Forse era importante, allora, che questi spazi a sostituzione delle città inquinate del secolo XIX fossero stati pensati come tali e non trattati come “spazi secondari” delle metropoli, in cui si opera solo quando necessario. La operazione di densificazione delle periferie deve tener conto, anche così, della scelta delle persone di vivere in aree con meno circolazione: il movimento costante, il rumore e la concentrazione di gente delle metropoli non è da replicare in tutte le aree. Come si sta riflettendo sulle città, densificando con funzioni alla portata della scala umana, cercando di “diluire” la concentrazione di macchine, si deve ripensare anche alle periferie, per “spostare” il problema di nuovo.
Ecco il titolo di questo articolo: un passo indietro, tornando alla prossimità fisica e all’incoraggiamento delle persone a pensare ai viaggi quotidiani come ad un “qualcosa di secondario” e non “essenziale” alla “vita normale”, per potere andare avanti. Forse il “futuro” delle città non passa solo per le città, ma le città possono essere il “modello” e la base per risolvere anche altre questioni.
Note
1 Afonso, Rui Braz. (2009) “La necrosi di narciso”, “Narciso e l’ambiente urbano: la corruzione della “scala umana” dello spazio”. in (“I linguaggi delle scienze cognitive 2”) “Cervello, linguaggio, società. Atti del Convegno 2008 del CODISCO.”. Roma. (p. 198)
2 Articolo «How Eco-Friendly Are Electric Cars? A Holistic View» (2019), pubblicato da Federal Ministry for the Environment, Nature Conservation and Nuclear Safety (BMU). Germania.
(Articolo consultato, non citato) https://www.bmu.de/fileadmin/Daten_BMU/Pools/Broschueren/elektroautos_en_bf.pdf
3/4 Articolo «Tutti stanchi di code e disagi, boom dei quartieri “da 15 minuti”», di Francesca Santolini, nel giornale “la Reppublica” (edizione del 22 di Dicembre 2020) https://www.repubblica.it/green-and-blue/2020/12/22/news/tutto_in_15_minuti_cosi_la_citta_del_futuro_ripensa_i_suoi_spazi-279201612/
Didascalie Immagini
Copertina: Linea di Metro nel Ponte Luís I e la strada sullo sfondo, i accessi vari, funzio
Fig. 1: Strada a Gens, Gondomar, senza marciapiedi, senza funzioni e disegno per l’automobile: inerzia di adattamento, ferma nel tempo. (Fotografia scattata dall’autore; 2021)
Fig.2: Vista di Porto e Gaia del fiume Douro: urbanizzazione continua, accessi e funzioni adattate alla città antica, in costante evoluzione. (Fotografia scattata dall’autore; 2021)