Una risposta

Una risposta

di Marco Romano

In risposta all’editoriale di (Ibidem) no.2 di Luca Gaeta.

 

La recensione del mio libro, Liberi di costruire, mi lascia parecchio perplesso per quel tanto di sufficienza che la percorre, come se raccontassi una mia quasi gratuita invenzione.

Temo che questa sufficienza sia ingiustificata, perché credo proprio che quanto sostengo sia corroborato da una conoscenza delle città europee che forse il mio recensore non possiede e neppure sospetta; che il 60% della popolazione fosse alfabetizzata lo afferma Le Goff, e c’è un curioso documento di fondazione di una nuova città degli Zähringen, nel XII secolo, nel quale i nuovi cittadini diffidavano il duca dall’interferire nella nomina del maestro comunale.

La città europea non è mai stata il paese dei balocchi, è stata precisamente il modello con il quale la viviamo ancora oggi, ed è stata il presidio della libertà fin dalle sue origini, una libertà difesa contro le pretese delle giurisdizioni territoriali. Il principe cui il recensore allude non è intervenuto gran che in queste libertà, le monete europee – il ducato e il fiorino – sono state inventate da Venezia e da Firenze, le signorie e le monarchie hanno soltanto avocato le competenze della guerra e della politica estera, e beninteso una esagerata pressione fiscale.

Luigi XIV, il cosiddetto sovrano assoluto, poteva emanare qualche disposizione ma erano poi i parlamenti locali a decidere se tenerne o no conto, non è riuscito neppure a unificare le insegne di Parigi, e quando diceva l’Etat c’est moi intendeva soltanto sottolineare che la sua giurisdizione era connessa all’esistenza di un sovrano, e questo era il senso delle disperanti guerre di successione e dei matrimoni dinastici: per creare un nuovo Stato i sovrani ricorrevano a incroci dinastici, Filippo II fatto fidanzare con Maria Stuart.

Qualche volta era qualche gruppo cittadino a chiedere un sostegno al signore o al sovrano per riuscire a concludere un progetto nel quale la democrazia cittadina si era impantanata, nulla di più.

Lascerei quindi perdere quella malriposta aria di sufficienza: la reconquista della Spagna, compresa l’Andalusia, fu accompagnata dalla ristrutturazione della città araba, le case introflesse nelle corti ribaltate e le facciate delle case ricostruite “alla cristiana” sulle strade.

Che la città sia intrisa, fino a cinquant’anni fa, da una pervasiva volontà estetica lo sapevano tutti, ora siamo di fonte a questo paradosso, che nessuno è più in grado di percepire la sua bellezza, e dunque il mio recensore condivide un black out culturale tanto più fuori luogo quando della nostra bellezza facciamo il morivo per consolidare il turismo d’arte. Mi dispiace per il mio recensore, che non è in grado di goderne come ne godo e ne scrivo io: può leggersi i cento ritratti di città sul mio sito, www.esteticadellacitta.it.

Ma anche nel passato l’irrompere di nuovi punti di vista estetici ha indotto a cancellare affreschi ed edifici – testimonianza di barbari, secondo Vasari – che noi rimpiangiamo, ma è oggi un vero peccato che abbiamo perso la capacità di riconoscere la bellezza, sia perché deturpiamo quella lasciata dai nostri ante nati sia perché non sappiamo rifarla oggi.

 

Resta che non mi viene spiegato perché non sia possibile progettare i nuovi quartieri come venivano progettati fino a cinquant’anni fa, strade e piazze in ben studiate sequenze. Anche in questi piani sarebbe possibile prescrivere destinazioni d’uso, ma di fatto quando è nata la zonizzazione, alla fine dell’Ottocento, le grandi industrie andavano già lontane, in campagna, sicché poi nelle città abbiamo finito per accumulare norme controproducenti: qui a Milano ci sono interi edifici terziari dei quali non sappiamo cosa fare, mentre le nuovissime torri di Porta Nuova se le sono accaparrate tutte intere le grandi banche, che mai avrebbero comperato quelle vuote

Certo che, se il mio recensore non sa nulla della bellezza, non vedo come possa considerarla uno scopo della “regolazione sociale” come è stato invece da ottocento anni, generazioni di progettisti di città alla ricerca di come attenuare lo scarto simbolico tra il centro e la periferia.

Siccome credo di essere di sinistra, credo anche nell’integrazione degli immigrati, ritengo che i campi dei rom e le altre sistemazioni precarie di intere famiglie lasci indifferente la Lega ma non chi creda di essere socialista, e l’immediata disponibilità di terreni edificabili in quartieri ben disegnati sia una risposta corretta. Far conto sugli stabili sfitti – che poi comprendono nelle statistiche anche le seconde case – è una crudeltà verso costoro, nel nome della razionalità di una pianificazione che non tiene conto delle persone: è il Platone totalitario di Popper.

Il richiamo ai comunisti è una ovvietà: esistono montagne di studi sugli effetti di una forte presenza di un partito comunista nella dialettica politica italiana, ed è ovvio – lo sanno tutti – la conseguenza di questa presenza anche nella sfera editoriale e quindi nell’ideologia degli urbanisti, cose già scritte da me in un libro del 1980 e da Marcello Fabbri in quello stesso anno

Sono contento dell’aneddoto di Dinocrate, che per arrivare davanti ad Alessandro si coperse con una pelle di leone agitando una clava, ma vorrei ricordare che nella versione originale gli esperti contestarono a Dinocrate non le difficoltà di approvvigionamento ma che sul monte Athos non c’era l’acqua: così Alessandro ne prese atto ma apprezzò Dinocrate per la sua fantasia e gli affidò il piano della nuova capitale dell’impero, Alessandria, dove proprio l’acqua non mancava: piano giustamente celebre.

La via dei Fori imperiali maturò in un contesto culturale che la sosteneva, un contesto che non rispecchiava la volontà del duce, tant’è che quel medesimo contesto culturale nel 1950 aprì via della Conciliazione: mi dispiace che non gli piaccia, ma resta che via dei Fori imperiali è la più bella passeggiata d’Europa – forse con Princess street a Edimburgo e il lungomare di Reggio Calabria.

 

Testo di riferimento

Titolo: Liberi di costruire

Autore: Marco Romano

Editore: Bollati Boringhieri

Pagine: 171

Prezzo: 15 €

Anno di pubblicazione: 2013