Abu Dhabi si muove

Abu Dhabi si muove

di Nicola Vazzoler 

Dottorando, Dipartimento di Architettura, Roma Tre

Vorrei qui condividere alcune impressioni che si riferiscono a un recente soggiorno ad Abu Dhabi. Di ritorno da un qualsiasi viaggio le cose che si vorrebbero raccontare sarebbero molte, forse troppe, cercherò quindi di restituire una breve sequenza di sollecitazioni ricevute, immagini e letture che potrebbero contribuire a costruire un breve resoconto.

Abu Dhabi è capitale degli Emirati Arabi Uniti (EAU), una confederazione di sette emirati governati da sceicchi, sovrani assoluti, che si riconoscono in un governo federale presieduto da uno di loro. Gli EAU dopo la scoperta del petrolio, che ha dato il via alla crescita e ha permesso l’unificazione, hanno cominciato ad assumere un ruolo centrale a livello globale mentre le diverse città stato hanno mantenuto, e mantengono tutt’oggi, caratteristiche fisiche e culturali differenti. Abu Dhabi, settima riserva di petrolio del mondo[1], è oggi con i suoi 619.470 abitanti[2] la seconda città della confederazione dopo Dubai, che si aggira invece attorno a 1.800.000 abitanti e se quest’ultima, assecondando le ambizioni dello sceicco, si presenta come una metropoli occidentale ipertrofica, Abu Dhabi è finora parsa più moderata nella crescita ma gli ultimi sviluppi tradiscono una certa accelerazione, assicurata dai profitti derivanti dall’estrazione del petrolio ma anche da nuovi investimenti nel campo della cultura e dell’ambiente.

La struttura urbana di Abu Dhabi si va rafforzando entro l’arcipelago di isole che fu riferimento per i beduini della famiglia dei bani yas che nel 18° secolo vi si insediarono, e sui nuovi capisaldi costruiti sul primissimo entro terra, quali l’aeroporto o i grandi contenitori di richiamo internazionale, per esempio il circuito di Formula Uno. Nel mezzo, nuovissimi villaggi oppure cantieri, o ancora nuove centralità, in generale una città in divenire. La scoperta del petrolio ha dato una nuova prospettiva urbana a un intero Paese. Questo è evidente all’Heritage Village, ricostruzione di un villaggio storico, che sorge nei pressi del Marina Mall un grande centro commerciale, un archetipo importato e funzionante, utile a capire verso quali modelli questo nuovo centro del mondo guarda.

Abu Dhabi è fermento, alcune volte produce un gran rumore, altre volte è sordo ma in ogni caso è visibile. È una città in trasformazione e crescita continua, soprattutto rapida, orizzontale e verticale. Ma Abu Dhabi è anche una città soggetta a continua manutenzione: sembra difendersi dagli agenti naturali esterni, quali sabbia, calore, siccità e/o sembra cercare un passepartout, un’immagine pulita, nitida e facilmente esportabile in tutto il mondo. Lungo l’Airport Road, che dall’aeroporto internazionale conduce al centro città, alle prime luci dell’alba, addetti in divisa tengono in vita le aree verdi che incorniciano l’autostrada a 8 corsie: giardini di palme che idealmente allontanano il pensiero del vicino deserto. Avvicinandosi alla città ecco spuntare all’orizzonte le prime torri, e infine lo skyline in via di definizione, grattacieli che si rincorrono verso l’alto e fanno sfoggio delle loro particolari forme: ci sono quelli che ricordano un ananas (Al Bahar Towers), c’è quello sinuoso ed inclinato (Capital Gate Tower), ce ne sono quattro poi che in cima tengono una piastra orizzontale (The Gate Shams), ecc..

L’impianto utilizzato per pianificare l’isola dove si è venuto a sviluppare il “nucleo storico” di Abu Dhabi è la griglia e i principi insediativi adottati vanno dai villini isolati alle torri che si concentrano per lo più lungo i bordi dell’isola stessa, come per esempio lungo la Corniche Road, il rinnovato lungomare che si affaccia sul Golfo Persico. Qui, più che altrove, si è raddensato nel tempo (dagli anni ’70 ad oggi) uno skyline compatto, una massa dalla quale spuntano i nuovi grattacieli ad indicare la direzione dello sviluppo e della crescita. Si vedano in questo senso le nuove torri: The Landmark, Nation Towers, Etihad Towers, Central Market, Seba Tower, Emirates Pearl, ecc..

La Corniche Road negli anni ha subito diversi interventi di trasformazione che ne hanno modificato l’immagine e l’uso: oggi una nuova spiaggia, creata dal nulla, è meta di cittadini e turisti. La promenade, una fascia verde attrezzata, pedonale e ciclabile, separa e protegge la nuova spiaggia dalla strada a scorrimento veloce sulla quale si attesta il costruito in fermento, contemporaneamente raccoglie i flussi pedonali rendendo il sistema permeabile e accessibile. Qui, a tutte le ore del giorno, addetti in divisa s’interessano al verde, alle pavimentazioni, agli accessori, ai rifiuti, ecc.. contemporaneamente le persone sostano, passeggiano o corrono, lungo la strada taxi, mezzi privati e pubblici fluiscono copiosi, alle fermate degli autobus si attende al chiuso, raffrescati dall’aria condizionata. Davanti ad immagini così ben costruite e confezionate ci si potrebbe sentire quasi obbligati a portare a casa un ricordo positivo della città se non fosse per quelle domande che le stesse immagini pongono sia sul piano sociale che su quello ambientale.

Abu Dhabi si muove. Le risorse petrolifere hanno una data di scadenza ma la città e gli EAU tutti sembrano aver cominciato a guardare oltre e a investire in altri settori. Masdar City[3], un quartiere progettato da Norman Foster e in costruzione nei pressi dell’aeroporto, è un modello di sviluppo urbano sostenibile che impiega energie rinnovabili e tecnologie pulite. Progetto che rientra in un programma decennale inteso a trasformare l’economia della città: gli obiettivi dell’Abu Dhabi Economic Vision 2030[4] sono l’aumento dell’indipendenza dal petrolio investendo in settori quali l’educazione, la finanza, i prodotti farmaceutici, le energie rinnovabili e le tecnologie sostenibili, il turismo, ecc.. In questo senso sull’isola di Saadiyat[5] nascerà dal nulla un nuovo distretto culturale che ospiterà sedi distaccate del Louvre e del Guggenheim, progettate da Jean Nouvel e Frank Gehry. A tal proposito durante il soggiorno ho letto su un giornale locale[6] la notizia che la vicina Dubai ha intenzione di raddoppiare entro il 2020 il numero dei turisti annuali che al 2012 si aggiravano attorno ai 10.000.000, Roma nello stesso anno ha contato, secondo Ebtl, circa 12.000.000[7] di arrivi. Simili quantità, ma diversi turisti? Gli EAU hanno la possibilità, attraverso questi investimenti, di disegnare, partendo dal nulla, alcune parti di territorio e di città che fino ad un secolo fa erano lontane dai centri nevralgici del mondo conosciuto. Oggi nel nuovo assetto globale queste città giocano un ruolo strategico e il vecchio mondo, in cui faccio ritorno, ha assunto le caratteristiche di una prima periferia senza esserne sempre completamente consapevole.