Sul termine Inclusione

Sul termine Inclusione

Inclusione: Nuovi requisiti per una città a misura di tutti

di Sebastiano Marconcini

Laureato in Architettura, Politecnico di Milano

[In copertina: High Line, New York. Esempio di spazio inclusivo © Sebastiano Marconcini]

All’interno dell’attuale dibattito culturale riguardante l’ambiente urbano, un termine sempre più spesso associato ai temi della buona progettazione dello spazio pubblico è: inclusione. In particolare, viene più volte utilizzato quando si tratta di accessibilità fisica dell’ambiente urbano, come una sorta di evoluzione dello stesso concetto. Un approccio progettuale di tipo inclusivo, tuttavia, offre e deve garantire maggiori possibilità.

In relazione al progetto, per comprendere cosa s’intende per inclusione, è possibile riprendere la definizione di Inclusive Design. Nel 2005 il British Standards Institution lo definì come: “La progettazione di prodotti e servizi che siano accessibili e fruibili dal maggior numero di persone possibile […] senza la necessità di adattamenti o progetti speciali”[1].

Dall’analisi di tale definizione si può capire anzitutto a chi è finalizzato il progetto dell’inclusione, ovvero a tutti i possibili fruitori dello spazio pubblico. L’obiettivo finale di un progettista è costruire spazi per soddisfare le esigenze delle persone, termine quest’ultimo che si riferisce a tutti i potenziali utenti dell’ambiente costruito e non a una categoria predeterminata. L’inclusione, dunque, rappresenta il passaggio da un approccio al progetto “senza barriere”, il cui limite, ricorda Del Zanna (2005), è la schematizzazione della disabilità in semplificative e riduttive tipologie d’utenza, a un approccio che consideri l’utenza ampliata e l’effettivo benessere di tutti gli utenti all’interno dello spazio pubblico. Con questo concetto si ritorna alla base dell’architettura stessa, poiché qualsiasi processo progettuale riguarda l’identificazione di un bisogno, la realizzazione di soluzioni che lo soddisfino, e, infine, una verifica che assicuri che il bisogno iniziale sia soddisfatto. Img_1

Piazza della Repubblica, Firenze. Esempio di spazio inclusivo in città storica © Sara Caramaschi

La seconda parte della definizione di Inclusive Design, invece, pone attenzione su come perseguire l’obiettivo dell’inclusione. Quest’ultima richiede che le soluzioni progettuali individuate siano a beneficio di tutti, nonostante le esigenze delle persone disabili e non solo non siano omogenee. Un buon progetto non deve offrire diverse soluzioni per ogni specifica esigenza dell’utenza, ma un’unica soluzione integrata che possa adattarsi ai diversi bisogni delle persone, altrimenti si andrebbe incontro a quella che Accolla (2009) ha definito come “Discriminazione sociale funzionalmente accessibile”. Con essa s’intende la realizzazione di sistemi che forniscono soluzioni ad hoc progettate per rispondere alle sole esigenze specifiche di un gruppo d’utenza definito, non inserite sinergicamente all’interno di un sistema progettato per l’utenza standard, con il risultato di ricreare situazioni discriminatorie per il gruppo d’utenza che si aveva intenzione di includere.

Finora si è parlato in relazione ai temi dell’accessibilità fisica, ma, poiché l’inclusione mira alla completa partecipazione delle persone alle attività che si svolgono nello spazio pubblico, l’oggetto della progettazione inclusiva devono essere tutti i molteplici aspetti che riguardano la sfera pubblica. La questione multiculturale è un esempio significativo. La convivenza di gruppi culturalmente eterogenei, dovuta alla vastità e la dinamicità degli attuali flussi migratori, visti anche i fenomeni della globalizzazione e dello sviluppo della cultura di massa, ha portato a episodi di disuguaglianza e degrado sociale. Lo spazio pubblico, quale luogo privilegiato per le relazioni umane, offre la possibilità per favorire le occasioni di incontro e scambio culturale. Per questo una progettazione inclusiva permetterebbe di sviluppare le condizioni necessarie in cui venga promossa l’integrazione sociale e la diversità sia vista come un elemento di potenzialità.

Oltre alle diverse, e ampiamente riconosciute, argomentazioni a supporto della progettazione inclusiva[2], l’interesse verso l’inclusione è dovuto all’attenzione che questa pone sulle potenzialità della diversità. Considerare la diversità, che sia fisica o culturale, all’interno del progetto non solo permette al maggior numero possibile di utenti di poter partecipare alle attività all’interno dello spazio pubblico, ma può migliorare le condizioni di fruizione dello spazio per tutte le persone.Img_2

Città e inclusione. Possibilità per tutti di partecipare alla sfera pubblica © Sebastiano Marconcini

È necessario garantire il passaggio da una progettazione rivolta a garantire la sola accessibilità dei luoghi, a una concezione pienamente inclusiva dell’azione progettuale, finalizzata a garantire l’effettivo benessere delle persone indipendentemente dal loro livello di abilità o background personale. Per raggiungere tale obiettivo, è necessario definire un nuovo approccio progettuale che ponga al centro dell’attenzione i bisogni, le aspettative e i desideri dell’individuo, o del gruppo d’individui, che entra realmente in rapporto con l’ambiente. Inoltre, agendo su diversi aspetti della sfera pubblica, l’inclusione non deve esser perseguita solo mediante azioni di carattere progettuale, ma anche attraverso azioni contingenti di carattere gestionale. Queste possono riguardare sia la scala vasta sia la scala di dettaglio del progetto e si rendono necessarie per garantire l’efficacia degli interventi di progettazione inclusiva adottati.

Nello scenario contemporaneo è richiesto che uno dei requisiti dello spazio pubblico sia proprio l’inclusione, ovvero la possibilità per tutti, grazie a una buona progettazione che pone al centro dell’attenzione l’uomo e le sue esigenze, di partecipare produttivamente e positivamente alle opportunità che la città ha da offrire.

 

Bibliografia:

Accolla, A. (2009), Design for all. Il progetto per l’individuo reale, Milano: Franco Angeli

CABE SPACE (2004), The value of public space: How High quality parks and public spaces create economic, social and environmental value, London: CABE

Del Zanna, G. (2005), Progettare l’accessibilità, Palermo: Grafill

Keates, S., Clarckson, J. (2004), Countering design exclusion. An introduction to inclusive design, London: Springer

Marconcini S. (2014), City for all. Alla ricerca di nuove relazioni fra città, progetto e persone, Politecnico di Milano, Scuola di architettura e Società. Tesi di Laurea Magistrale. Relatore: Peraboni, C. Correlatore: Arch. Corsini, D.

[1] Traduzione a cura dell’autore

[2] Keates e Clarckson (2004) hanno definito alcune argomentazioni a favore dell’inclusione: 1) Sociale; 2) Dell’interesse personale; 3) Legale; 4) Finanziaria; 5) Della buona progettazione.