La società del palcoscenico. Performance e rappresentazione in politica, nell’arte e nella vita – News
U3 è lieta di invitarvi alla lettura del nuovo libro di Richard Sennett (2024), La società del palcoscenico. Performance e rappresentazione in politica, nell’arte e nella vita.
Richard Sennett, sociologo di rilievo e autore di testi fondamentali anche per gli Studi urbani, come L’uomo flessibile (1999) e L’uomo artigiano (2008), continua la sua riflessione sulle dinamiche sociali con un’opera che esplora il concetto di “performance”. Dopo aver esaminato a lungo il rapporto tra individuo e comunità e tra questi e lo spazio, Sennett si confronta ora con la capacità della performance di influenzare non solo la vita individuale, ma anche quella collettiva, in un’analisi che muove da un interesse personale e che tocca la politica, l’arte e la quotidianità.
Partendo dalla famosa affermazione di Shakespeare “Tutto il mondo è un palcoscenico” “, l’autore esplora come il concetto di performance attraversi ogni aspetto della vita umana: dalla retorica dei leader politici alle esibizioni artistiche, fino ai ruoli e alle maschere che indossiamo ogni giorno. Con una serie di esempi concreti e affascinanti, come la celebre Marcia su Washington del 1963 organizzata da Bayard Rustin, Sennett riflette su come ogni atto performativo, per quanto possa apparire minore, ha il potenziale di innescare un cambiamento sociale.
Sennett utilizza la rappresentazione teatrale di Come vi piace di Shakespeare, messa in scena negli anni Ottanta da malati di AIDS, come un atto che diventa simbolo di coraggio e di resistenza alla sofferenza e all’isolamento. Come scrive Stefano De Matteis, in un articolo pubblicato nel dicembre 2024, La società del palcoscenico ci spinge a riflettere su come la performance, pur nelle sue contraddizioni, possa diventare un’occasione per un incontro autentico tra civiltà, superando le frontiere dei singoli individui e creando dialogo e mutamento. Con riferimento alla “svolta relazionale” degli studi urbani si può affermare che la performance è quindi anche uno strumento operativo.
Nella città contemporanea, la riflessione di Sennett assume una rilevanza particolare. Con la sua crescente disuguaglianza sociale, le tensioni politiche e la continua interazione tra culture diverse, la città stessa può essere vista come un palcoscenico, un concetto questo non nuovo com’è noto, in cui però la performance, intesa come atto pubblico e privato, gioca un ruolo decisivo. Le dinamiche di visibilità e potere, la ricerca di appartenenza e la rappresentazione di sé sono, infatti, questioni centrali nell’ambito urbano. L’analisi di Sennett ci aiuta a comprendere come, in un mondo in cui la politica e l’arte spesso si sovrappongono, ogni gesto, ogni azione e ogni comunicazione non verbale possiedano il potere di plasmare la realtà sociale, sebbene la performance può avere nell’evento, nella temporaneità, il suo limite o, a seconda dei punti di vista, la sua forza.
In questo scenario, il pensiero di Sennett offre una nuova chiave di lettura per le dinamiche sociali delle città contemporanee. La città non è solo un contenitore fisico di attività, ma un luogo in cui la performance diventa un potente strumento per negoziare, costruire e distruggere identità collettive. La visibilità, nel contesto urbano, non riguarda solo la presenza di un individuo nello spazio, ma la sua capacità di farsi riconoscere, di influenzare e di interagire con gli altri attraverso atti performativi, siano essi politici, sociali o culturali.
La visione di Sennett ci invita a considerare la performance come una modalità di espressione che travalica i confini tradizionali tra arte, politica e vita quotidiana, mettendo in evidenza come ogni gesto, ogni atto, e ogni manifestazione di sé, possieda un valore simbolico e sociale che agisce direttamente sullo spazio urbano. In una città segnata da disuguaglianze e conflitti, dove gruppi diversi si trovano a convivere o a scontrarsi, la performance diventa un linguaggio che può promuovere o ostacolare l’inclusione, ridisegnare le strutture di potere, e contribuire a nuove modalità di coesistenza.
La città, quindi, non è più solo un palcoscenico passivo, ma un “spazio attivamente performativo”, dove gli atti di visibilità e rappresentazione sono al centro dei processi di trasformazione sociale. Questo concetto di “palcoscenico urbano” ci consente di comprendere come la politica e l’arte non solo si intrecciano, ma diventano strumenti fondamentali per ridefinire l’ordine sociale, mentre le pratiche performative contribuiscono a ridisegnare le dinamiche di potere e le relazioni urbane. Ogni atto performativo, ha un impatto sul tessuto sociale della città, con il potere di mettere in discussione le gerarchie, di trasformare gli spazi pubblici e di generare nuovi significati collettivi.
Sennett, dunque, ci invita a guardare alla performance come a un potente strumento di cambiamento e resistenza, capace di articolare nuove forme di relazione sociale anche nelle città contemporanee, dove le contraddizioni e le sfide sembrano crescere in maniera esponenziale. L’ambiguità della performance, che può essere tanto liberatoria quanto manipolatoria, assume una rilevanza fondamentale per comprendere le dinamiche urbane e innescarne di nuove. In una città sempre più frammentata e segnata da disuguaglianze, la performance può fungere da strumento di resistenza, ma anche da mezzo di manipolazione simbolica e di controllo sociale.
Con La società del palcoscenico, Sennett ci offre una riflessione sulla potenza della performance come linguaggio politico e artistico e ci aiuta a saper vedere la città con occhi diversi e a considerare ogni gesto quotidiano, ogni azione pubblica, come capace di contribuire a plasmare e trasformare la realtà sociale e culturale della città contemporanea. La performance è un potente strumento di cambiamento, resistenza e inclusione per affrontare le sfide della città contemporanea a partire dal ridefinire le relazioni tra gli abitanti e tra questi e lo spazio del “palcoscenico urbano”.