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- 10/01/2025 alle 16:48 #11724Martina PietropaoliBloccatoLa redazione è lieta di comunicare rilancio de «le Rubriche di U3», per le quali invitiamo dottorande/i, ricercatrici/ricercatori, docenti e altre/i studiose/i a contribuire con nuove proposte per saggi brevi e altri contenuti originali.Negli ultimi due anni U3 – Urbanistica Tre ha attraversato una trasformazione, dovuta al cambio di editore de «iQuaderni di U3» e ad una riorganizzazione della redazione.Dopo aver dato una veste nuova al sito web, la piattaforma di U3 (ISSN 1973-9702) è pronta per riattivare tutti i suoi settori online e «le Rubriche di U3» rimangono uno spazio duttile in termine di tempi di pubblicazione (senza peer review) e disponibile per diversi generi di brevi contributi scientifici:
- Focus approfondimenti sulle ricerche in corso e concluse di 8-10.000 caratteri
- Dialoghi brevi interviste 6-8.000 caratteri
- Viaggi appunti, resoconti di viaggi ed esperienze di ricerca all’estero 6-8.000 caratteri
- Letture recensioni e ri-letture di testi 6-8.000 caratteri
- Cronache resoconti di convegni, seminari, mostre 6-8.000 caratteri
- Immagini&Video riflessioni sulla città a partire dalle sue rappresentazioni (formato da concordare)
- Lessico approfondimenti su specifiche parole 6-8.000 caratteri
Ci interessano tutte le idee e le esperienze, non necessariamente consolidate, riguardanti le prospettive della trasformazione collettiva della città e del territorio. Sono benvenuti tutti gli sguardi disciplinari e transdisciplinari sui problemi emergenti della condizione urbana contemporanea.
Se hai una proposta puoi sottoporla tramite l’indirizzo redazione.rivistau3@uniroma3.it e sarà valutata direttamente dal Direttore e dal Comitato di Redazione.Tutte le informazioni e le norme editoriale sono disponibili qui:Vi invitiamo anche a condividere con noi notizie e altre iniziative da segnalare nelle nostre News.Seguici sui social per le novità09/01/2025 alle 19:00 #11702Flaminia VanniniPartecipanteU3 è lieta di invitarvi alla lettura del nuovo libro di Richard Sennett (2024), La società del palcoscenico. Performance e rappresentazione in politica, nell’arte e nella vita.
Richard Sennett, sociologo di rilievo e autore di testi fondamentali anche per gli Studi urbani, come L’uomo flessibile (1999) e L’uomo artigiano (2008), continua la sua riflessione sulle dinamiche sociali con un’opera che esplora il concetto di “performance”. Dopo aver esaminato a lungo il rapporto tra individuo e comunità e tra questi e lo spazio, Sennett si confronta ora con la capacità della performance di influenzare non solo la vita individuale, ma anche quella collettiva, in un’analisi che muove da un interesse personale e che tocca la politica, l’arte e la quotidianità.
Partendo dalla famosa affermazione di Shakespeare “Tutto il mondo è un palcoscenico” “, l’autore esplora come il concetto di performance attraversi ogni aspetto della vita umana: dalla retorica dei leader politici alle esibizioni artistiche, fino ai ruoli e alle maschere che indossiamo ogni giorno. Con una serie di esempi concreti e affascinanti, come la celebre Marcia su Washington del 1963 organizzata da Bayard Rustin, Sennett riflette su come ogni atto performativo, per quanto possa apparire minore, ha il potenziale di innescare un cambiamento sociale.
Sennett utilizza la rappresentazione teatrale di Come vi piace di Shakespeare, messa in scena negli anni Ottanta da malati di AIDS, come un atto che diventa simbolo di coraggio e di resistenza alla sofferenza e all’isolamento. Come scrive Stefano De Matteis, in un articolo pubblicato nel dicembre 2024, La società del palcoscenico ci spinge a riflettere su come la performance, pur nelle sue contraddizioni, possa diventare un’occasione per un incontro autentico tra civiltà, superando le frontiere dei singoli individui e creando dialogo e mutamento. Con riferimento alla “svolta relazionale” degli studi urbani si può affermare che la performance è quindi anche uno strumento operativo.
Nella città contemporanea, la riflessione di Sennett assume una rilevanza particolare. Con la sua crescente disuguaglianza sociale, le tensioni politiche e la continua interazione tra culture diverse, la città stessa può essere vista come un palcoscenico, un concetto questo non nuovo com’è noto, in cui però la performance, intesa come atto pubblico e privato, gioca un ruolo decisivo. Le dinamiche di visibilità e potere, la ricerca di appartenenza e la rappresentazione di sé sono, infatti, questioni centrali nell’ambito urbano. L’analisi di Sennett ci aiuta a comprendere come, in un mondo in cui la politica e l’arte spesso si sovrappongono, ogni gesto, ogni azione e ogni comunicazione non verbale possiedano il potere di plasmare la realtà sociale, sebbene la performance può avere nell’evento, nella temporaneità, il suo limite o, a seconda dei punti di vista, la sua forza.
In questo scenario, il pensiero di Sennett offre una nuova chiave di lettura per le dinamiche sociali delle città contemporanee. La città non è solo un contenitore fisico di attività, ma un luogo in cui la performance diventa un potente strumento per negoziare, costruire e distruggere identità collettive. La visibilità, nel contesto urbano, non riguarda solo la presenza di un individuo nello spazio, ma la sua capacità di farsi riconoscere, di influenzare e di interagire con gli altri attraverso atti performativi, siano essi politici, sociali o culturali.
La visione di Sennett ci invita a considerare la performance come una modalità di espressione che travalica i confini tradizionali tra arte, politica e vita quotidiana, mettendo in evidenza come ogni gesto, ogni atto, e ogni manifestazione di sé, possieda un valore simbolico e sociale che agisce direttamente sullo spazio urbano. In una città segnata da disuguaglianze e conflitti, dove gruppi diversi si trovano a convivere o a scontrarsi, la performance diventa un linguaggio che può promuovere o ostacolare l’inclusione, ridisegnare le strutture di potere, e contribuire a nuove modalità di coesistenza.
La città, quindi, non è più solo un palcoscenico passivo, ma un “spazio attivamente performativo”, dove gli atti di visibilità e rappresentazione sono al centro dei processi di trasformazione sociale. Questo concetto di “palcoscenico urbano” ci consente di comprendere come la politica e l’arte non solo si intrecciano, ma diventano strumenti fondamentali per ridefinire l’ordine sociale, mentre le pratiche performative contribuiscono a ridisegnare le dinamiche di potere e le relazioni urbane. Ogni atto performativo, ha un impatto sul tessuto sociale della città, con il potere di mettere in discussione le gerarchie, di trasformare gli spazi pubblici e di generare nuovi significati collettivi.
Sennett, dunque, ci invita a guardare alla performance come a un potente strumento di cambiamento e resistenza, capace di articolare nuove forme di relazione sociale anche nelle città contemporanee, dove le contraddizioni e le sfide sembrano crescere in maniera esponenziale. L’ambiguità della performance, che può essere tanto liberatoria quanto manipolatoria, assume una rilevanza fondamentale per comprendere le dinamiche urbane e innescarne di nuove. In una città sempre più frammentata e segnata da disuguaglianze, la performance può fungere da strumento di resistenza, ma anche da mezzo di manipolazione simbolica e di controllo sociale.
Con La società del palcoscenico, Sennett ci offre una riflessione sulla potenza della performance come linguaggio politico e artistico e ci aiuta a saper vedere la città con occhi diversi e a considerare ogni gesto quotidiano, ogni azione pubblica, come capace di contribuire a plasmare e trasformare la realtà sociale e culturale della città contemporanea. La performance è un potente strumento di cambiamento, resistenza e inclusione per affrontare le sfide della città contemporanea a partire dal ridefinire le relazioni tra gli abitanti e tra questi e lo spazio del “palcoscenico urbano”.
17/12/2024 alle 11:05 #11686Flaminia VanniniPartecipanteNel corso delle ultime settimane, la proposta di legge “Salva Milano” è uno dei temi più dibattuti sul futuro delle città e su cosa essa implicherebbe non solo per la città di Milano, dato che la legge sarebbe applicata a tutto il territorio nazionale. Numerosi studiosi, esperti nei campi dell’urbanistica e dell’architettura, politici e istituti di ricerca hanno parlato del significato che questo provvedimento avrebbe sullo sviluppo urbano e sull’abitare.
Tra le voci che si sono mobilitate nelle ultime settimane, U3 segnala in particolare tre visioni distinte ma complementari, che consentono di chiarire nel dibattito i nodi principali della questione:
1) Necrologio per l’urbanistica? Se per cercare di salvare Milano si mette a rischio tutta l’Italia
di Elena Granata, Arturo Lanzani, Antonio Longo e Alessandro Coppola;2) Perché il Salva-Milano aiuterà la speculazione nelle città italiane di Alessandro Delpiano;
3) Le mani (libere) sulla città. Costruire a Milano con le leggi dell’Ottocento di Giovanni Caudo.
I contributi hanno approcci differenti ma legano le loro riflessioni alla storia dell’urbanistica e alle criticità della condizione urbana contemporanea, nel contesto nazionale e globale neoliberista. Oltre a suggerirvi la lettura, riteniamo interessante riassumerne alcune.
1. Un richiamo all’urbanistica partecipata e responsabile. Il primo articolo si concentra principalmente sulla dimensione tecnico-normativa del provvedimento, sottolineando il rischio che la semplificazione prevista dalla legge “Salva Milano” comporti la perdita di una pianificazione urbana integrata e ben progettata. Secondo l’autrice e gli autori, il piano particolareggiato rappresentava un efficace strumento di controllo, che assicurava che nuove costruzioni fossero accompagnate da infrastrutture e servizi pubblici, evitando l’edificazione di “mostri urbani” privi di qualità e sostenibilità. La critica si estende anche alla confusione tra “ristrutturazione” e “nuova costruzione”, una distinzione che secondo lui è fondamentale per preservare l’equilibrio tra esigenze private e collettive. L’autrice e gli autori suggeriscono che esistono alternative, come una riscrittura chiara delle normative, che possano salvaguardare il benessere pubblico senza soffocare lo sviluppo economico. La loro visione riflette l’idea di un’urbanistica che sia responsabile e partecipativa, in cui i cittadini, le istituzioni locali e gli esperti collaborano per una pianificazione consapevole e inclusiva.
2. Un appello alla memoria storica e alla lotta contro la speculazione. Delpiano porta la discussione su un piano più politico e ideologico, mettendo in luce le contraddizioni e i pericoli che la legge “Salva Milano” comporta, non solo in termini urbanistici, ma anche in relazione ai principi democratici e di giustizia sociale. Richiamandosi alla battaglia contro la speculazione edilizia degli anni ’60 e alla legge n. 765/1967, che aveva imposto il piano particolareggiato come garanzia di qualità e inclusività nelle nuove costruzioni, l’autore denuncia il fatto che l’abolizione di questa norma rappresenti, di fatto, un passo indietro rispetto a quelle conquiste. La legge viene letta come uno strumento che favorisce l’ingresso dei grandi capitali e delle forze speculative, minando la possibilità di progettare città vivibili e democratiche. Tra le parole si leggono riferimenti ad una parte della politica, che in questo modo, tradirebbero una battaglia portata avanti in passato contro la speculazione edilizia. Nelle sue parole si legge una visione che teme, e prevede, un ritorno a una città segregata, inaccessibile per le categorie sociali più fragili e aperta solo ai grandi interessi economici. La critica di Delpiano si inserisce in un più ampio dibattito sulla disuguaglianza sociale e sull’erosione dei diritti urbani.
3. Il ritorno a una visione critica e sociale dell’urbanistica. Caudo sviluppa una visione più critica e storica dell’urbanistica, legando la questione della speculazione edilizia ai temi della giustizia sociale. La sua riflessione parte da una ricostruzione delle vicende storiche, in particolare dal contesto italiano degli anni ’50 e ’60, quando l’urbanistica moderna cercava di arginare gli effetti della speculazione edilizia. Nelle sue parole, l’autore denuncia la deriva mercantilistica dell’urbanistica contemporanea, che favorisce gli interessi dei grandi investitori e delle lobby, a scapito della qualità della vita dei cittadini. In questa prospettiva, la legge “Salva Milano” è vista come il culmine di un processo che sta trasformando le città in luoghi sempre più esclusivi e meno accessibili per le fasce di popolazione più deboli. Caudo invoca un ritorno alla centralità del progetto urbano come strumento di equità sociale, che deve garantire a tutti i cittadini l’accesso a spazi di vita dignitosi, servizi pubblici e infrastrutture. La sua visione solleva la questione cruciale della “città per tutti” e dell’importanza di mantenere l’urbanistica come strumento di inclusione, contrastando la tendenza alla gentrificazione e alla privatizzazione dello spazio urbano.
Un quadro complesso per la visione delle città del futuro. Le tre visioni si intrecciano attorno alle questioni centrali della rigenerazione urbana e della qualità dello spazio pubblico. Attraverso l’auspicio di una pianificazione equilibrata e inclusiva (Granata E. et. al 2024), la denuncia di mercificazione dell’urbanistica e la crescente esclusione sociale (Caudo G., 2024), ed il tradimento di un’eredità storica che aveva fatto dell’urbanistica uno strumento di giustizia sociale e uguaglianza (Delpiano A., 2024), i tre contributi richiamano l’attenzioni su aspetti cruciali della città del futuro. Nel contesto attuale, segnato da fenomeni di inaccessibilità abitativa e di privatizzazione dello spazio pubblico, le riflessioni emerse nell’affacciarsi al dibattito si rivelano fondamentali per comprendere la direzione nella quale stiamo andando. Il filo rosso per un reale cambiamento delle città e dell’abitare si ritrova riconnettendo le politiche e i progetti ala necessità di mantenere un equilibrio tra sviluppo economico e welfare urbano. Assumere come orizzonte comune la battaglia per la giustizia sociale nella distribuzione degli spazi urbani e la difesa di una pianificazione che non si riduca a un esercizio tecnico, è il modo con cui ancora oggi la pianificazione urbana può continuare a confrontarsi con le esigenze collettive di una comunità.
A questa visione si aggiunge l’appello della Società Italiana degli Urbanisti (SIU, 2024), che sottolinea i pericoli derivanti dalla proposta di legge 1987, che rischia di snaturare la cultura e la prassi dell’urbanistica, riducendo la città a una mera somma di edifici e svuotando la pianificazione urbana di ogni contenuto democratico e di qualità. L’appello mette in evidenza come tale proposta possa accelerare la privatizzazione dello spazio pubblico e ridurre le possibilità di rigenerazione delle città secondo principi di equità e sostenibilità. In questo quadro, la battaglia per una città che non sia solo il risultato di operazioni edilizie, ma uno spazio di partecipazione e giustizia sociale, risulta più che mai urgente.Riferimenti
Caudo G., Le mani (libere) sulla città. Costruire a Milano con le leggi dell’Ottocento, Domani. 6 dicembre 2024.Delpiano A., Perché il Salva-Milano aiuterà la speculazione nelle città italiane, La Repubblica. 27 novembre 2024, p.4.
Granata E., Lanzani A., Longo A., Coppola A., Necrologio per l’urbanistica? Se per cercare di salvare Milano si mette a rischio tutta l’Italia, gliSTATIGENERALI. 25 novembre 2024.
SIU Società Italiana degli Urbanisti, Fermiamo il Salva Milano per non tornare indietro di 50 anni, Domani. 15 dicembre 2024.
10/12/2024 alle 14:49 #11669Martina PietropaoliBloccatoU3 segnala una interessante iniziativa editoriale a cura delle studentesse e gli studenti dell’Università degli Studi Roma Tre, finanziato dal bando di Ateneo per Iniziative culturali e sociali.
Dopo l’uscita del primo numero “Dialettica del conflitto”, il 10 dicembre alle 17:30 all’Ex Mattatoio (prima campata del padiglione 15A) si terrà la presentazione del secondo numero della rivista Iride dal titolo “Essere ambiente”, dedicato al rapporto tra essere umano e ambiente. Interverranno Daniela Angelucci (docente di Estetica, Dipartimento di Filosofia, Comunicazione e Spettacolo) e Francesca Balducci (Artista che si è occupata dello spazio urbano, dell’abitare e del rapporto percettivo e immaginifico tra abitante e territorio). Le due ospiti verranno intervistate in quanto co-autrici del progetto “La città inservibili. Morfologie indisciplinate”, raccontato nell’ultimo articolo della rivista.
La pubblicazione della rivista è frutto di un processo lungo nel quale l’impegno per la forma grafica e il contenuto viene portato avanti in maniera collettiva. Lo strumento del sondaggio è proprio di questo lavoro, che mira a raccogliere le opinioni degli studenti e a porsi come luogo di dibattito. Toccando diversi argomenti della condizione urbana contemporanea, la rivista assume uno sguardo sull’attualità che è interdisciplinare e interrogativo, che ci sembra particolarmente interessante nella condizione attuale ed è anche una delle conseguenze del nuovo slancio di iniziative comunitarie delle quali anche le studentesse e gli studenti di Architettura sono partecipi dopo il trauma della pandemia.
Per maggiori informazioni e per ottenere una copia della rivista potete visitare il profilo Instagram @iride_sulmondo e contattare Claudia Marinetti cla.marinetti@stud.uniroma3.it
09/12/2024 alle 10:34 #11661Martina PietropaoliBloccatoU3 è lieta di consigliarvi la lettura di Vocabularies for an Urbanising Planet (2023, curato da Christian Schmid e Monica Streule e frutto del lavoro di un team di ricerca internazionale) e la partecipazione ad una interessante presentazione che si svolgerà il 10 dicembre 2024 a Napoli, nell’ambito delle attività del Dottorato HabiT_Habitat in Transition (DiARC Dipartimento di Architettura, Università Napoli Federico II).
Il seminario si terrà i Aula Magna (Palazzo Gravina) alle 11:00 esclusivamente in presenza. Per maggiori informazioni contattare cristina.mattiucci@unina.it
Con le dottorande e i dottorandi del Dipartimento, interverranno nel dibattito Michelangelo Russo (Direttore DiARC), Massimo Perriccioli (Cordinatore HabiT), Laura Lieto (docente DiARC), Marica Castigliano (ricercatrice DiARC) e Cristina Mattiucci (docente DiARC).
Il libro assume una prospettiva comparativa e transdisciplinare (tra studi storici, etnografici e urbani) e approda alla proposta di nuovi concetti attraverso lo studio di una decina di metropoli di diversi continenti.
Riteniamo questo libro e la sua discussione particolarmente importanti perché l’esercizio di teorizzazione a partire dalla ridefinizione dei concetti per approdare alle loro conseguenze pratiche è un approccio metodologico rilevante e attuale. Nella condizione attuale di crisi permanente, infatti, la questione del Lessico è diventata centrale per la lettura e l’interpretazione dei fenomeni urbani. Numerose autrici e autori ne hanno scritto, sottolineando l’ambivalenza di alcune parole e l’importanza della loro rivendicazione, in un contesto contemporaneo che si presenta conflittuale ma anche ricco di re-immaginazioni fertili e capaci di aprire la strada a nuovi paradigmi per lo sviluppo delle città.
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