Questo numero monografico dei Quaderni di Urbanistica Tre intende fare il punto sulle iniziative di ricerca, di programmazione, di pianificazione e di coinvolgimento istituzionale che connotano la sfida dell’adattamento climatico in Italia, dando conto di alcuni importanti avanzamenti avvenuti sul piano scientifico-disciplinare, su quello della attivazione nazionale delle strategie suggerite e praticate in sede europea ed infine sulle attività propedeutiche alla formazione di un piano di adattamento al GCC per Roma, recentemente inclusa nel novero delle 100 Resilient Cities dalla Fondazione Rockefeller e, come tale, dotata di supporti finanziari per l’avvio dei suoi percorsi di resilienza.
Siamo coscienti di operare in direzione di una innovazione disciplinare nel governo del territorio che ha echi inediti nella dimensione sociale; il senso di disorientamento e costernazione che invade l’opinione pubblica nel periodo fra fine ottobre e inizio di febbraio, quando più intensi si verificano gli eventi atmosferici estremi, è amplificato dal senso di impotenza rispetto alla frammentazione delle competenze e degli interventi in grado di contenerne gli effetti, distribuite tra enti molto differenziati per missione istituzionale e per scala di governo dei fenomeni. Con risultati – di qui l’allarme – ad oggi molto deludenti.
Nulla come il cambiamento climatico sta mostrando all’opinione pubblica la necessità di cambiar verso al modo di governare il Paese, e di accedere a quel governo integrato del territorio che i più accorti urbanisti italiani reclamano ormai da più di quarant’anni.
L’introduzione di obiettivi inerenti l’adattamento climatico e l’azzeramento delle emissioni climalteranti nel governo delle trasformazioni urbane rappresenta di fatto la componente urbanistica del transito verso la green economy,
ovvero verso la principale (se non l’unica) opzione di politica economica ed industriale che l’Europa è in grado di mettere in campo per far fronte all’impressionante crisi ambientale, economica e sociale nella quale siamo immersi.
Resilienza e decarbonizzazione sono obiettivi importanti, perché grazie ai risparmi che consentono di conseguire le azioni che li perseguono sono anche in grado di produrre risorse necessarie alla loro implementazione operativa. Se la crisi sta chiedendo a tutti di aumentare efficacia ed efficienza, di fare meglio con meno, la pratica degli obiettivi di resilienza e decarbonizzazione presenta l’indubbio pregio di non subirli, bensì di assumerli consapevolmente quali criteri fondativi dell’agire, dando così un nuovo e più maturo e concreto senso a quello sviluppo sostenibile apparso per lo più come una costruzione retorica nell’era del mercantilismo trionfante.
Certo, la nuova prospettiva cambia di molto la pianificazione urbanistica. In particolare nella situazione italiana ci sarebbero le condizioni per ritenere – fortunatamente – passati i tempi dell’espansione urbana, nei quali grazie alla produzione di nuovi valori di rendita era possibile costruire un gioco redistributivo per vari soggetti, in genere forti.
Gli obiettivi che il cambiamento climatico impone alla fase storica che si va aprendo chiedono una drastica ridefinizione delle priorità dell’interesse pubblico, e ben più forti garanzie giuridiche alla sua azione, come la recente vicenda sull’iter amministrativo delle opere di difesa idraulica di Genova richiama.
La pianificazione che ne emergerà, già si può intuire, sarà molto più incisiva.
(…) Andrea Filpa & Simone Ombuen