Barcellona e il diritto alla città
Barcellona e il diritto alla città
di Juana Furió
Laurea in Filologia Romanica, Ph.D. in Giornalismo e Master in Fotogiornalismo
Negli ultimi 150 anni Barcellona ha subito delle periodiche trasformazioni urbanistiche legate a eventi internazionali organizzati col pretesto di posizionarsi nell’elenco di città moderne che accettano la sfida della storia. L’ Esposizione Universale del 1888 consentì di demolire le mura che soffocavano il nucleo medievale e creare il quartiere dello Eixample (ampliamento), ideato per Ildefonso Cerdà nel 1860, e aggiungere così quartieri limitrofi come Gracia o Sant’Andreu entro i limiti della città. Poi, l’Esposizione Internazionale del 1929 continuò l’espansione sulla montagna di Montjuïch, mentre che il Congresso Eucaristisco del 1952 apportò nel quartiere omonimo 3.000 appartamenti sociali agli emigrati arrivati da tutta la Spagna che costruivano le loro baracche in zone non urbanizzate.[1]
I Giochi Olimpici del 1992 furono il culmine di un progetto ideato nei primi anni della democrazia per trasformare i quartieri industriali vicini al mare del Poble Nou, in declino dagli anni ’70, in una zona di nuova centralità capace di attrarre la giovane classe media e i turisti di tutto il mondo. L’enorme successo ispirò la continuazione della Diagonal che attraversa la città conformemente con il Plan Cerdà, e che non era stata conclusa nella parte che la porta fino al mare. Questo macroprogetto, sito nella zona creata per accogliere il Forum delle Culture del 2004, non fu ben accetto poiché gran parte degli abitanti si erano sentiti delusi, se non traditi, nel vedere che nei quartieri olimpici, distribuiti per tutta la città, non si erano creati alloggi sociali ma di lusso, da cui si derivò un grande incremento dei prezzi immobiliari.
Ma è la Legge degli Affitti Urbani del 1985, promossa per porre fine alla proroga forzata dei contratti di affitto ed orientare gli spagnoli all’acquisto della casa, la chiave per capire la perenne crisi abitativa, la scomparsa di numerosi negozi tradizionali[2], alcuni dei quali centenari, sostituiti da catene di franchising legati all’abbigliamento o la ristorazione. Com’è solito nei processi di gentrificazione, questa avviene prima in modo graduale per poi accelerarsi a effetto domino. Cioè, il grosso investimento pubblico fatto nella riforma, riabilitazione e risanamento dei quartieri degradati per frenare l’abbandono e il rischio di delinquenza cominciò per attrarre giovani professionisti ad aprire studi e negozi legati all’immagine personale e al “lifestyle”, mentre pakistanesi e cinesi prendono il monopolio del settore alimentare e dei prodotti per la casa nei loro minimarket e bazar. I ristoranti e i bar storici apprezzati dai lavoratori per l’abbondanza, la qualità e il prezzo lasciano il posto ad altri che investono più nell’arredamento che nelle provviste, più al gusto dei nuovi vicini e dei turisti alla ricerca di “colore locale” e cosmopolitismo.
Per di più, la vitalità e il dinamismo sociale dei quartieri popolari, in contrasto con l’uniformità delle zone benestanti al di sopra della Diagonal, si vedono sconfortati dall’incertezza causata dalla limitazione dei contratti d’affitto a solo tre anni, una spada di Damocle che oggi grava su interi quartieri: non soltanto sulle famiglie più svantaggiate ma anche sulla classe media e sui giovani che non hanno accesso a un credito ipotecario.
Dunque, la terza trasformazione urbana di Barcellona non esce da un progetto globale ma dal laissez faire auspicato dai partiti al governo fino a 2015 che rilasciarono licenze a tutti per aprire alberghi, ostelli e appartamenti turistici, insieme a una moltitudine di ristoranti, pub, terrazze e negozi di biciclette senza badare alle conseguenze per i residenti. Inoltre piattaforme come Airbnb permettono ad alcuni proprietari o agenzie immobiliari di affittare illegalmente interi appartamenti, nulla a che vedere con un’economia collaborativa.
L’ascesa di Ada Colau al comune in 2015 con la promessa di adottare una moratoria allo sfruttamento turistico[3] e la susseguente speculazione ha servito per creare un Piano speciale urbanistico di alloggi turistici (PEUAT) e per mettere in luce le tattiche coattive di certi promotori immobiliari che sfrattano i proprietari, normalmente anziani, che non possono assumere i costi di manutenzione. Così, se oggi un edificio residenziale a proprietà indivisa è messo in vendita, i locatari non hanno più diritto a comperare i loro appartamenti a un prezzo proporzionale all’affitto. Adesso, invece, l’informazione sulla transazione arriva con la lettera dal nuovo padrone dicendo che nessun contratto sarà rinnovato e che non c’è negoziazione possibile. Questo “sfratto silenzioso”, come battezzato dalle associazioni anti-speculazione, finora rimaneva nell’ambito privato, ma l’afflusso massiccio dei cosiddetti “fondi avvoltoi” (vulture funds) nel mercato spagnolo ha rivelato quanto sia un problema collettivo che richiama soluzioni globali. Sono numerose le denunce fatte per la mancanza di protezione giuridica dei locatari e, per estensione di tutta la cittadinanza, per inadempimento del diritto costituzionale all’alloggio e assenza di misure di controllo per frenare l’espulsione dei vicini e la trasformazione dei quartieri in belle vetrine per il solo godimento dei turisti e beneficio degli speculatori.
Il “modello Barcellona” del 1992 che promuoveva la città come patrimonio di coloro che l’abitano rischia di “morire di successo” se i suoi creatori, cioè i residenti, sono soppiantati per degli utenti temporali che distruggono il suo tessuto sociale. Speriamo, però, che la lunga storia di rivendicazioni sociali e lotte popolari dei barcellonesi vada a loro vantaggio in questa guerra di gentrificazione che oggi si combatte quartiere per quartiere, casa per casa.
Note
[1] http://www.barraques.cat/es/0-introduccio-el-barraquisme-a-la-barcelona-del-segle-xx.php
[2] https://www.nytimes.com/2014/10/20/world/europe/historic-loss-may-follow-rise-of-rents-in-barcelona.html
[3] https://www.eldiario.es/catalunya/barcelona/Mobbing-inmobiliario-gentrificacion-moratoria-Colau_0_443406751.html
Immagini
fig.1: La Legge sugli Affitti di 2013 finì coi contratti a tempo indeterminato e molti negozi tradizionali chiusero per non poter pagare gli astronomici prezzi di mercato.
fig.2: La scarsità di luce naturale nelle strade del quartiere La Ribera non frena l’acquisto di interi palazzi, inquilini inclusi, a dei proprietari anziani incapaci di assumere le riforme.
fig.3: Le Ramblas sono oggi poco frequentate dai cittadini di Barcellona, a cui dispiace vedere i loro simboli culturali trasformati in parco tematico da sfruttare.
figg.4 e 5: La vendita ambulante e l’offerta di servizi ai turisti nella via pubblica impiegano una maggioranza di emigranti extracomunitari, sopratutto magribini, pakistani e sudamericani.
fig.6: Fingendosi turisti, degli attivisti anti-speculazione prenotarono un appartamento vicino il museo Picasso per denunciare la complicità di AirBnb nell’affitto di alloggi turistici illegali.
fig.7: Numerosi palazzi dello Eixample sono oggi alberghi di lusso con i tradizionali tetti trasformati in solarium con piscina ad uso esclusivo degli ospiti. A sinistra, la farfalla modernista della Casa Fajol.
fig.8: Degradato per la droga negli ’80, oggetto di desiderio adesso per la sua vicinanza al mare, La Mina soffre gli effetti della gentrificazione senza però finire con la povertà sttruturale.
fig.9: I resti del bastione del XVI secolo sotto una promozione di alloggi pubblici sono una nuova attrazione turistica della Barceloneta, e la casa di uno dei tanti senzatetto.
fig.10: Un gruppo di “manteros” africani si refugia nel metro di Plaza Cataluña affinchè la loro merce non sia requisita dalla Guardia Urbana secondo la legge contro la vendita ambulante.
fig.11: L’usanza di celebrare a Barcellona l’addio al celibato i weekends con gli invitati travestiti e ubriacandosi per strada venne introdotta dai operatori britannici approfittando i voli low cost.
figg.12 e 13: Le piazze provisionali nei lotti in attesa di un progetto urbanistico creano un senso di precarietà e di disprezzo istituzionale fra i residenti che soffrono la gentrificazione.
fig.14: Dopo anni di abbandono e di una ulteriore occupazione, il primo edificio dello Eixample ottenne protezione comunale e il banco proprietario dovrà conservare la facciatta e pure i suoi popolari graffitti.
fig.15: Il quartiere di pescatori della Barceloneta lotta per difendere la sua identità dalla pressione immobiliaria che vuole cancellare il loro tradizionale stile di vita per creare un nuovo Miami Beach.