Sui paesaggi urbani

Sui paesaggi urbani

Forma, funzionalità e socialità come qualità progettuali degli spazi pubblici contemporanei

di Sara Caramaschi

Landscape Design Lab – DIDA Università degli Studi di Firenze

 

Possiamo pensare al paesaggio urbano come l’ambiente di vita e il luogo di incontro di molti, una superficie dinamica su cui agiscono e intervengono diversi spazi da esplorare, alcuni progettati, altri più o meno naturali che attendono di essere scoperti o semplicemente reinterpretati. Parlare di progetto nell’ambito dei paesaggi della città contemporanea rimanda a una serie di considerazioni circa le circostanze che possono determinare (e far cogliere) quell’insieme di elementi e relazioni che mettono in contatto paesaggi e comunità. La Convenzione Europea del Paesaggio assegna un ruolo di rilievo alla relazione tra popolazione e luoghi: da un lato il paesaggio promuove il consolidamento delle identità territoriali; dall’altro lato, esso stesso richiede un determinato livello di consapevolezza, competenza e la disponibilità ad assumersi una responsabilità nelle azioni che su di esso incidono.

A fronte di questa complessità, si può rilevare un notevole interesse da parte della comunità scientifica che, da tempo, si interroga sui fattori capaci di connotare i luoghi di quei valori simbolici, affettivi e identitari di riferimento a una o più comunità, garantendone così la frequentazione, la cura, la gestione condivisa, la percezione, il senso di appartenenza da parte dei fruitori[1]. Data l’ampiezza di prospettive, l’indagine sviluppata dal Landscape Design Lab[2] ha formulato un quadro di indirizzo che, attraverso la lettura e l’interpretazione di argomenti e autori avvalorati dalla letteratura, ha stabilito tre macro-principi interpretativi. In quest’ottica, il breve documento che segue ha l’obiettivo di fornire una guida verso le riflessioni e le azioni di progettazione che il paesaggio urbano può assumere, o quantomeno a stimolarne il dibattito disciplinare.

Spazialità e Forma. Lo stretto legame tra riconoscibilità e rappresentazione dei luoghi può collocarsi entro il più ampio ambito della spazialità, ovvero tutti quei parametri naturali, culturali o materici che ne esaltano l’eccezionalità. La spazialità fa riferimento alla forma pura del luogo, determinata dalla sua collocazione e dalla sua organizzazione significativa. La forma è fondamentale per la percezione e la comprensione di qualunque sito, ossia per la sua leggibilità da parte dei fruitori. Incidere sulla spazialità di un luogo implica la ridefinizione delle singole componenti che lo costituiscono e lo plasmano, ma anche l’attenzione e quella particolare cura verso le interazioni, le percezioni e l’impatto sensoriale che tali elementi possono generare.

Molti sono gli autori (Jacobs, 1961; Norberg-Schultz, 1980; Whyte, 1980; Zagari, 2006 per citarne alcuni) che invitano a ricercare soluzioni che ne valorizzino riconoscibilità e rappresentazione, ma anche linguaggi espressivi capaci di tradurre l’intima vocazione dei siti, enfatizzandone gli specifici caratteri identitari. In questo senso, l’identità si manifesta con aspetti vari e, talvolta, imprevedibili, ma fra le sue matrici l’espressività è forse quella più logica. Sentire e conoscere un luogo avviene prima di tutto attraverso i sensi, grazie alla chiarezza con cui esso si staglia nella memoria di chi lo vive, lo frequenta, lo attraversa. Raggiungere una presa esistenziale, può accadere grazie alla presenza di simboli capaci di concretizzare e trasmettere significati profondi, ovvero caratteri distintivi che fanno degli spazi i luoghi suggestivi del vivere urbano.

In altre parole, questi luoghi hanno al loro interno alcuni punti focali in cui il carattere si condensa e si esplicita. Molti paesaggi urbani contemporanei, grazie alla forte carica espressiva o spazialità scenica, coltivano immaginari identitari che, nel tempo, prendono possesso del luogo, lo fanno proprio e diventano parte del suo stesso essere.

Funzionalità e Usi. Diversa è la chiave interpretativa offerta da tutti quei luoghi che contribuiscono alla propria identità attraverso il raduno e l’addensamento degli utenti per fenomeni concreti. In queste situazioni, identità e riconoscibilità sono determinate dagli avvenimenti, dalle fruizioni attive e dalle storie che si susseguono con una certa continuità. Molti luoghi identitari hanno questa natura e vengono percepiti dalle comunità in modo vivido e coerente poiché dotati di situazioni che attivano il coinvolgimento degli individui. In queste circostanze, i caratteri spaziali non fanno altro che comporre una infrastruttura di base su cui si susseguono in modo organizzato e mai incontrollato una serie di attività, usi e funzioni di particolare interesse. Il contatto tra infrastruttura e avvenimenti attiva un meccanismo che porta le due dimensioni a lavorare insieme e a influenzarsi: i luoghi subiscono temporanee riconfigurazioni spaziali e gli avvenimenti si adattano a infrastruttura e grado di fruizione generale.

Molti sono gli autori (tra i principali Lydon et al., 2015; Montgomery, 1998; Nogué, 2010; Oswalt et al., 2013; Zagari, 2006) che indicano la funzionalità dei luoghi come parametro capace di generare attrazione, meccanismi d’innesto, accumulazione, confluenze ed inclusione. La funzionalità si compone di molteplicità e compresenza di attività, funzioni e pratiche sociali che emergono dalla scoperta del luogo e dalla libera fruizione. Il successo di un particolare paesaggio urbano dipenderebbe dunque dalla sua capacità di attirare diversi usi in una rete a maglia fine di relazioni reciproche, portando lo spazio a divenire un punto di riferimento di una piccola società compatta. Qui, attività e funzioni particolarmente attrattive possono intensificare le caratteristiche e i significati del luogo, generando un attivo coinvolgimento delle persone tale da innescare la positiva percezione del luogo e una generale sensazione di piacevolezza nel frequentarlo.

Socialità e Vita Sociale Pubblica. Riconoscere a un luogo il valore di identità evidenzia una riconoscibilità che può anche condensarsi nella vita di chi vi gravita. Identitari sono tutti i luoghi con una complessa presa di possesso umana, ovvero quelli in cui si riconosce una soglia di valore estetico, ma anche quelli in cui è chiaramente espressa una forte vitalità.

La socialità, o vita pubblica, è spesso indicata come l’ingrediente immateriale dei luoghi, una componente complessa da concretizzare e alimentare. Essa si manifesta nell’atmosfera vivace ed attraente che elegge il luogo a punto di aggregazione dinamico, aperto e animato di un gruppo di persone. Alcuni autori (in particolare si rimanda ai testi di de Certeau, 1984; Gehl, 1987; Lynch, 1964, 1990; Montgomery, 1998; Whyte, 1988 per citare i più significativi) identificano nelle attività umane la prima fonte di attrazione di un qualunque spazio, poiché esse offrono la più pura e semplice occasione di osservare, ascoltare, partecipare, ma anche semplicemente vivere da una certa distanza o prospettiva lo spazio. La socievolezza implica dimensioni come l’amichevolezza, l’interazione e la personale immagine di un sito, di una attività, di un luogo, il suo significato sociale e culturale, tanto del singolo quanto della collettività. Tutte insieme queste dimensioni definiscono l’uso e l’immagine del luogo, innescando un inizio, un risveglio, che ne permette la reazione. Infatti, è attraverso la vita sociale che si mettono in relazione gli individui a qualcosa, dotando gli spazi di prossemica, potere di immaginazione e significati così determinanti nella costruzione delle identità collettive.

Come appare evidente, questa dimensione non è semplice da stabile ex novo e, quando presente, richiede una certa sensibilità: lo stretto legame tra vita sociale e paesaggio urbano porta a un’azione responsabile sul territorio, a un approccio emotivo, intellettivo e pratico che genera un graduale rafforzamento del senso di appartenenza.

La profondità delle questioni qui sommariamente raccolte mette in luce come operare nei paesaggi urbani della città contemporanea richieda una certa sensibilità e una buona dose di conoscenza scientifica: senza sensibilità non si acquisirebbero correttamente tutti quei caratteri materiali e immateriali dei luoghi o dei paesaggi a cui appartengono. È altrettanto vero che la mancanza di metodo progettuale e del suo corposo bagaglio culturale potrebbe guidare verso ipotesi o obiettivi (e dunque soluzioni) insensibili e autoreferenziali.

Fare paesaggi nella città contemporanea presuppone dunque un approccio flessibile e in grado di ascoltare, ma anche forte e capace di esplicarsi al suo meglio: talvolta saranno le condizioni fisiche del contesto a rendere speciale un luogo; in altri casi, le attività, gli accadimenti o gli eventi; in altre situazioni saranno i significati individuali e collettivi, le esperienze e le intenzioni sociali a connotare uno spazio di valenze affettive ed emblematiche.

In quest’ottica appare evidente come l’azione su qualunque paesaggio della città contemporanea, in quanto spazio pubblico per eccellenza, debba mettere in campo un processo incrementale di ricerca, analisi e valutazione di tutte quelle forme e contenuti utili ad agire efficacemente sugli aspetti più importanti del processo di identificazione e percezione da parte delle comunità urbane.

 

Note

[1]Un libro ricco e generoso sull’argomento è quello di Daniela Corsini (2017), mentre più datato ma comunque utile fonte nel campo della ricerca sull’urban design è quello di Sergio Porta (2002). Altri testi significativi sono quelli di Buttimer e Seamon (1980), Nogué (2017), Relph (1976), Venturi Ferriolo (2002).

[2]La ricerca si è svolta nell’ambito del Programma Pistoia Millefiori (2017-2018), presso il Landscape Design Lab del gruppo DIDALABS dell’Università degli Studi di Firenze.

 

Bibliografia

Buttimer A., Seamon D. 1980, The Human Experience of Space and Place. Croom Helm, London.

Corsini D. 2017, SPAZIO PUBBLICO. Grammatica, poetica e opportunità d’uso. Libria, Melfi.

De Certeau M. 1984,  The Practice of Everyday Life. University of California Press, LTD., Berkeley.

Lydon M., Garcia A., Duany A. 2015, Tactical Urbanism: Short-term Action for Long-term Change. Island Press, Washington.

Lynch K. 1964, L’immagine dellacittà. Marsilio Editori, Venezia.

Lynch K. 1990, Progettare la città. La qualità della forma urbana. ETASLIBRI, Milano.

Jacobs J. 2000, Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane.Edizioni di Comunità, Treviso.

Montgomery J. 1998, Making a city: Urbanity, Vitality and Urban Design, Journal of Urban Design, vol. 3, no. 1, pp. 93-115.

Nogué J. 2010, Altri paesaggi.Franco Angeli, Milano.

Nogué J. 2017, Paesaggio, Territorio, Società Civile. Il senso del luogo nel contemporaneo. Libria, Melfi.

Norberg-Schulz C. 1980, Genius loci: Towards a phenomenology of architecture. Academy Editions, London.

Oswalt P., Overmeyer K., Misselwitz P. 2013, Urban catalyst: The power of temporary use. Dom Pub: Berlin.

Porta S. 2002, Dancing streets: scena pubblica urbana e vita sociale.UNICOPLI, Milano.

Relph E. 1976, Place and Placelessness. Pion, London.

Venturi Ferriolo M. 2002, Etiche del paesaggio. Editori Riuniti, Roma.

Whyte W. H. 1980, The Social Life of Small Urban Spaces. The Conservation Foundation: Washington, D.C.

Zagari F. 2006, Questo è paesaggio. 48 definizioni. Mancosu Editore, Roma.

 

Immagini

Copertina: Atene, foto dell’autrice.

fig.1: Jardin des Plantes, Parigi, foto dell’autrice.

fig.2: Città dell’Altra Economia, Roma , foto dell’autrice.

fig.3: Fiume Arno, Firenze, foto dell’autrice.