Tre visioni per la norma “Salva Milano”. Riflessioni tra la storia dell’urbanistica e nuovi modi di fare città – News
Nel corso delle ultime settimane, la proposta di legge “Salva Milano” è uno dei temi più dibattuti sul futuro delle città e su cosa essa implicherebbe non solo per la città di Milano, dato che la legge sarebbe applicata a tutto il territorio nazionale. Numerosi studiosi, esperti nei campi dell’urbanistica e dell’architettura, politici e istituti di ricerca hanno parlato del significato che questo provvedimento avrebbe sullo sviluppo urbano e sull’abitare.
Tra le voci che si sono mobilitate nelle ultime settimane, U3 segnala in particolare tre visioni distinte ma complementari, che consentono di chiarire nel dibattito i nodi principali della questione:
1) Necrologio per l’urbanistica? Se per cercare di salvare Milano si mette a rischio tutta l’Italia
di Elena Granata, Arturo Lanzani, Antonio Longo e Alessandro Coppola;
2) Perché il Salva-Milano aiuterà la speculazione nelle città italiane di Alessandro Delpiano;
3) Le mani (libere) sulla città. Costruire a Milano con le leggi dell’Ottocento di Giovanni Caudo.
I contributi hanno approcci differenti ma legano le loro riflessioni alla storia dell’urbanistica e alle criticità della condizione urbana contemporanea, nel contesto nazionale e globale neoliberista. Oltre a suggerirvi la lettura, riteniamo interessante riassumerne alcune.
1. Un richiamo all’urbanistica partecipata e responsabile. Il primo articolo si concentra principalmente sulla dimensione tecnico-normativa del provvedimento, sottolineando il rischio che la semplificazione prevista dalla legge “Salva Milano” comporti la perdita di una pianificazione urbana integrata e ben progettata. Secondo l’autrice e gli autori, il piano particolareggiato rappresentava un efficace strumento di controllo, che assicurava che nuove costruzioni fossero accompagnate da infrastrutture e servizi pubblici, evitando l’edificazione di “mostri urbani” privi di qualità e sostenibilità. La critica si estende anche alla confusione tra “ristrutturazione” e “nuova costruzione”, una distinzione che secondo lui è fondamentale per preservare l’equilibrio tra esigenze private e collettive. L’autrice e gli autori suggeriscono che esistono alternative, come una riscrittura chiara delle normative, che possano salvaguardare il benessere pubblico senza soffocare lo sviluppo economico. La loro visione riflette l’idea di un’urbanistica che sia responsabile e partecipativa, in cui i cittadini, le istituzioni locali e gli esperti collaborano per una pianificazione consapevole e inclusiva.
2. Un appello alla memoria storica e alla lotta contro la speculazione. Delpiano porta la discussione su un piano più politico e ideologico, mettendo in luce le contraddizioni e i pericoli che la legge “Salva Milano” comporta, non solo in termini urbanistici, ma anche in relazione ai principi democratici e di giustizia sociale. Richiamandosi alla battaglia contro la speculazione edilizia degli anni ’60 e alla legge n. 765/1967, che aveva imposto il piano particolareggiato come garanzia di qualità e inclusività nelle nuove costruzioni, l’autore denuncia il fatto che l’abolizione di questa norma rappresenti, di fatto, un passo indietro rispetto a quelle conquiste. La legge viene letta come uno strumento che favorisce l’ingresso dei grandi capitali e delle forze speculative, minando la possibilità di progettare città vivibili e democratiche. Tra le parole si leggono riferimenti ad una parte della politica, che in questo modo, tradirebbero una battaglia portata avanti in passato contro la speculazione edilizia. Nelle sue parole si legge una visione che teme, e prevede, un ritorno a una città segregata, inaccessibile per le categorie sociali più fragili e aperta solo ai grandi interessi economici. La critica di Delpiano si inserisce in un più ampio dibattito sulla disuguaglianza sociale e sull’erosione dei diritti urbani.
3. Il ritorno a una visione critica e sociale dell’urbanistica. Caudo sviluppa una visione più critica e storica dell’urbanistica, legando la questione della speculazione edilizia ai temi della giustizia sociale. La sua riflessione parte da una ricostruzione delle vicende storiche, in particolare dal contesto italiano degli anni ’50 e ’60, quando l’urbanistica moderna cercava di arginare gli effetti della speculazione edilizia. Nelle sue parole, l’autore denuncia la deriva mercantilistica dell’urbanistica contemporanea, che favorisce gli interessi dei grandi investitori e delle lobby, a scapito della qualità della vita dei cittadini. In questa prospettiva, la legge “Salva Milano” è vista come il culmine di un processo che sta trasformando le città in luoghi sempre più esclusivi e meno accessibili per le fasce di popolazione più deboli. Caudo invoca un ritorno alla centralità del progetto urbano come strumento di equità sociale, che deve garantire a tutti i cittadini l’accesso a spazi di vita dignitosi, servizi pubblici e infrastrutture. La sua visione solleva la questione cruciale della “città per tutti” e dell’importanza di mantenere l’urbanistica come strumento di inclusione, contrastando la tendenza alla gentrificazione e alla privatizzazione dello spazio urbano.
Un quadro complesso per la visione delle città del futuro. Le tre visioni si intrecciano attorno alle questioni centrali della rigenerazione urbana e della qualità dello spazio pubblico. Attraverso l’auspicio di una pianificazione equilibrata e inclusiva (Granata E. et. al 2024), la denuncia di mercificazione dell’urbanistica e la crescente esclusione sociale (Caudo G., 2024), ed il tradimento di un’eredità storica che aveva fatto dell’urbanistica uno strumento di giustizia sociale e uguaglianza (Delpiano A., 2024), i tre contributi richiamano l’attenzioni su aspetti cruciali della città del futuro. Nel contesto attuale, segnato da fenomeni di inaccessibilità abitativa e di privatizzazione dello spazio pubblico, le riflessioni emerse nell’affacciarsi al dibattito si rivelano fondamentali per comprendere la direzione nella quale stiamo andando. Il filo rosso per un reale cambiamento delle città e dell’abitare si ritrova riconnettendo le politiche e i progetti ala necessità di mantenere un equilibrio tra sviluppo economico e welfare urbano. Assumere come orizzonte comune la battaglia per la giustizia sociale nella distribuzione degli spazi urbani e la difesa di una pianificazione che non si riduca a un esercizio tecnico, è il modo con cui ancora oggi la pianificazione urbana può continuare a confrontarsi con le esigenze collettive di una comunità.
A questa visione si aggiunge l’appello della Società Italiana degli Urbanisti (SIU, 2024), che sottolinea i pericoli derivanti dalla proposta di legge 1987, che rischia di snaturare la cultura e la prassi dell’urbanistica, riducendo la città a una mera somma di edifici e svuotando la pianificazione urbana di ogni contenuto democratico e di qualità. L’appello mette in evidenza come tale proposta possa accelerare la privatizzazione dello spazio pubblico e ridurre le possibilità di rigenerazione delle città secondo principi di equità e sostenibilità. In questo quadro, la battaglia per una città che non sia solo il risultato di operazioni edilizie, ma uno spazio di partecipazione e giustizia sociale, risulta più che mai urgente.
Riferimenti
Caudo G., Le mani (libere) sulla città. Costruire a Milano con le leggi dell’Ottocento, Domani. 6 dicembre 2024.
Delpiano A., Perché il Salva-Milano aiuterà la speculazione nelle città italiane, La Repubblica. 27 novembre 2024, p.4.
Granata E., Lanzani A., Longo A., Coppola A., Necrologio per l’urbanistica? Se per cercare di salvare Milano si mette a rischio tutta l’Italia, gliSTATIGENERALI. 25 novembre 2024.
SIU Società Italiana degli Urbanisti, Fermiamo il Salva Milano per non tornare indietro di 50 anni, Domani. 15 dicembre 2024.